“Buongiorno Contessa” di Mariano Rigillo al Must Musco Teatro di Catania
UN VIAGGIO ATTRAVERSO VERSI POETICI E PASSI PROSASTICI FRA LETTERATI DI DIVERSE EPOCHE
Tra un adagio, un allegro e un andante la recitazione viene impreziosita e resa ancor più vivida
Sovente musica e parole hanno il potere di creare il viaggio che diviene percorrenza d’amore, di mare, di giorni, con le fermate su un sentire di emozioni, pulsioni, istinti oggi sottaciuti, ma che tanta parte hanno nell’animo umano. Così si annuncia lo spettacolo in programma 13 marzo alle ore 21.00 sul palco del Must Musco Teatro di Catania: Buongiorno Contessa, titolo sostitutivo del provvisorio A tavola da Eduardo.
Un Recital per la regia dell’attore napoletano Mariano Rigillo, in scena con Anna Teresa Rossini, interprete della contessa del titolo e, sin dal prologo, delle più variopinte particolarità della natura femminile: la noia, il capriccio, la disperazione, la malizia fino alla più viva passione. Proprio con grande passionalità e credibilità, il lavoro vuole regalare un viaggio di settantacinque minuti, attraverso versi poetici e passi prosastici scelti sapientemente dall’attore-regista fra letterati di ogni epoca, accompagnati dalle musiche originali del compositore Paolo Coletta.
Tra un adagio, un allegro e un andante la recitazione è, infatti, impreziosita e resa ancor più vivida. Ecco, allora, nel tema del sentimento che spesso per l’uomo è il più incomprensibile, misterioso, scambiato con altro, ad altro commistionato, risuonare la domanda di Eduardo De Filippo «l’amore che d’è?». Interrogativo che ben si presta all’incontro tra l’annoiatissima contessa Eva Pizzardini Ba e Aldo Palazzeschi in un salotto aristocratico degli anni ’30. Quale il rimedio per allietare lo spirito della nobildonna? Se una sorta di malinconia sembra aleggiare sull’incontro/scontro tra i due, è altresì vero che essa viene rapidamente alleggerita dalle figure di Pulcinella e Colombina. Non mancano riferimenti alla sfera più squisitamente vitalistica e tipica dei romanzi libertini con stralci tratti dai celeberrimi bijoux di Diderot, per approdare alla morbidezza ruvida di Questo amore di Roberto Lerici in dialogo con Jacques Prèvert. Ma un viaggio non è tale se nel cammino non si vede il mare, spesso è proprio esso ad essere in sé viaggio, ad essere unione o separazione d’amore, affidato in questo caso all’erbaspada e alle camelie pallide della poesia Riviere di Montale, come alla prosa forte e ancestrale del testo Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo. E dalla deissa Ciccina Circè il passaggio al viaggiatore per antonomasia e al sommo poeta, a quella ottava bolgia infernale in cui si svolge il canto XXVI della Divina Commedia è immancabile: Ulisse che il viaggio diuturno incarna e del mare è passeggero viaggiante, che le stelle di tutti i cieli ha visto. Ma c’è pure Il mare che è cielo caduto, in quelle romantiche impressioni dei versi di Garcia Lorca e finanche ‘O mare, mosso nel suo agire da una propria anima,di Eduardo de Filippo. Nondimeno, in un viaggio sono incastonati anche i giorni, la quotidianità, il tempo che scorre per l’amore, per il cammino che è al contempo vita e questi sono gradatamente introdotti dall’eros, che ha come ironica location una Seicento Multipla, tratto da Il serpente di Luigi Malerba e dall’avventura semiseria di De Pretore Vincenzo di Eduardo De Filippo. Si sostanziano ne Le piccole cose di Stefano Benni l’affermarsi del quotidiano e la trasformazione di un rapporto di coppia sotto l’egida del tempo. Esso si fa anche allegoria della vita assieme al viaggio, del quale non è dato conoscere l’arrivo nel Congedo del viaggiatore cerimonioso di Giorgio Caproni.
Ogni momento dello spettacolo vuole rappresentare uno spunto di riflessione, con l’alternarsi di giocosità e serietà in un eufonico leitmotiv e la conclusione punta i riflettori sul presente attraverso 2 brani tratti da Le luci di Algeri di Gianni Guardigli, vincitore del Premo Flaiano, 2000.
M. Gabriella Puglisi
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Mer, Mar 13, 2019
Spettacolo