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Il punto della situazione!! E ora niente forchette dopo i forconi…

Lun, Gen 30, 2012

Attualità, Informazione

Perdonate il titolo del pezzo, che sembra tanto una blanda provocazione da pantofolai della domenica pomeriggio, inclini a della facile ironia; non è mia intenzione trasformare un articolo informativo in uno scampolo di blog, magari corredato da una forte dose di acredine quanto basta per scaricare il peso di delusioni giornaliere entro uno spazio che assicuri ascolto e condivisione.

L’intento reale, cari lettori, è quello di approntare una sintesi efficace degli ultimi accadimenti che hanno riguardato la nostra (e sempre italiana) Sicilia; sintesi che, ad onor del vero, non priverò di spunti di riflessione che i fatti – e ribadisco i fatti – hanno spontaneamente generato.

Il 16 gennaio 2012 il popolo siciliano si alza dal letto, convinto di dare il buongiorno ad un lunedì come un altro; per quanto i media, e già nel corso di tutta la settimana precedente, abbiano informato l’opinione pubblica sul blocco degli autotrasportatori decisi a spegnere i motori dei loro autoarticolati per ben cinque giorni, nessuno mai avrebbe potuto anticipare con profetica lungimiranza il decorso delle settimane a venire, neppure a costo di apparire come una Cassandra inascoltata; e nemmeno l’iperbolica tensione catastrofica che contraddistingue noi esseri umani e che, solitamente, ci spinge a comportarci da autentiche formiche pronte per mesi di magra è servita a renderci meno miopi: il Movimento dei Forconi (questa la sigla dell’organizzazione che, nata già nel maggio 2011 nelle campagne tra Ragusa e Siracusa, si è fatta promotrice di questa rivolta insieme al gruppo Forza d’urto e ad altri diciassette comitati) ha raccolto sotto il suo stemma giallo-blu quanti, tra i lavoratori del settore produttivo (autotrasportatori appunto, e poi pescatori, commercianti, agricoltori), hanno raggiunto uno stato di esasperazione tale da non potere più fare appello alla propria pazienza ed alla fiduciosa speranza nelle scelte governative per superare l’oramai nota crisi economica.

Tra i principali detonatori della protesta ci sono il caro gasolio (che in Sicilia dovrebbe essere inferiore del 40%) ed ancora la crescita delle tariffe autostradali oltre ad un sempre più difficile accesso al credito. Mariano Ferro, uno degli esponenti di punta della protesta, ha detto: «La Sicilia si è svegliata ma ora dobbiamo portare a casa qualcosa di concreto. Non possiamo restare con le mani vuote dopo aver messo su questo grande movimento. Sediamoci attorno ad un tavolo e parliamo; niente promesse inconcludenti ma solo fatti concreti su benzina e sostegno allo sviluppo. La politica mi appare oggi impotente e non si rende conto che questa mobilitazione non è fatta solo di uomini e mezzi ma è culturale ed è destinata a restare storica».

Certo sorprende, e parecchio anche, che la Sicilia, terra da ogni parte calpestata eppure sempre così arrendevole, abbia finalmente preso coscienza di avere una voce per urlare dissenso; però – e qui scatta la considerazione personale – stupisce ancor di più che dopo decenni di malversazioni, sprechi, inspiegabili salassi regionali e stato di costante ricatto mafioso che ci ha privato di vera libertà e vero sviluppo, solo ORA, dopo anni di completa sordità di fronte alle grida d’aiuto degli studenti e del mondo della cultura tout court, di commercianti ed imprenditori sotto pizzo, di senso civico pressoché nullo, di inesistenti piani di rilancio economico che mettano a frutto le immense risorse isolane, solo e soltanto ADESSO si sia trovata la forza di convertire la rassegnazione cronica in manifesto risentimento che, in stile “Primavera araba”, ha amplificato la sua portata diffondendo il germe del malessere lungo l’intero suolo nazionale, senza eccezioni.

Niente ha mai galvanizzato i siciliani più di un dischiuso letargo che i capifila del movimento hanno sin dall’inizio definito spontaneo ed apartitico: peccato che, a rovinare la festa del risveglio, si siano allungate le ombre delle mafia e della strumentalizzazione politica, non certo con gli stessi intenti; chiunque abbia gridato allo scandalo, parlando dei soliti scetticismo e disfattismo diffamatore della classe imprenditoriale, da pochi giorni ha dovuto ricredersi: innegabili infatti sono stati, da un lato, gli sventolii di bandiere del movimento di estrema destra Forza Nuova che, nelle persone di Martino Morsello prima e del segretario nazionale Roberto Fiore poi, hanno provato a dare un colore politico ad un cambiamento che ambiva ad esserne privo, con tanto di andirivieni annesso di sproloqui euforizza-popolo (si è persino parlato di “moneta popolare siciliana”); dall’altro lato, ecco l’emergere di più gravi infiltrazioni mafiose che, già paventate nei giorni scorsi dal Pres.te di Confindustria Sicilia Ivan Lo Bello, sono state realmente stanate dalla squadra mobile di Caserta e dal Centro Operativo Dia di Roma che hanno eseguito ben sei ordinanze di custodia cautelare nei confronti di elementi di spicco del clan dei Casalesi-gruppo Schiavone e della famiglia mafiosa Riina-Messina Denaro, alleatisi al fine di conquistare il controllo monopolistico dei trasporti su gomma e della commercializzazione all’ingrosso di prodotti ortofrutticoli sull’asse Sicilia-Campania-Lazio, sulle tratte da e per i mercati dell’isola verso quelli campani e verso lo strategico mercato di Fondi (Latina).

Insensato è, dunque, negare a priori le impurità che hanno rischiato di macchiare il biancore di un sentito risveglio, come altrettanto sconsiderato è stato attribuire la colpa di ogni male al nuovo governo Monti (come se prima si nuotasse nell’oro!) e non pensare agli enormi danni economici recati all’isola a seguito degli assembramenti dei tir presso gli snodi portuali ed autostradali: si parla di cifre nell’ordine del mezzo miliardo di euro tra mancati introiti nel settore industriale, avvio di procedure di cassa integrazione, perdite nel settore commerciale ed agricolo: emorragie e polveroni che si dimostreranno inutili solo se la rinascita delle coscienze sarà un fatto contingente; solo se ci si lascerà convincere a votare “Tizio” o “Caio” dietro la garantita risoluzione di bisogni momentanei; solo se si penserà che sia giusto agire senza prima ascoltare le esigenze degli altri, come se fosse cosa ragionevole fare una classifica dei problemi; solo se, infine, si lascerà che forchette ingorde si riapproprino di una prosperità conquistata forconi alla mano. Essere sempre attenti e vigili è il compito principale di noi cittadini: non permettiamo che questo stato di allerta e di partecipazione del popolo alla vita pubblica si esaurisca miseramente sotto l’effetto di nuovi ed invitanti anestetici.

Giorgia Capozzi

Laureata in filologia classica e collaboratrice del periodico l’Alba, eternamente insoddisfatta e perfezionista; adora l’ozio letterario e creativo («una chimera, ahimè, in tempi di studio “a cottimo”» come dice), la musica, i giochi di parole e da tavolo, le scene cult e gli aforismi, a patto che siano nuovi e calzanti («digerirei – afferma – le citazioni anonime da Baci P. solo se pronunciate con l’autorevole disinvoltura con cui Humphrey Bogart ordinerebbe un J&B con ghiaccio». Ancora. «Scapperei con Jack Nicholson anche domani: se mi assicurasse di sapere scrivere come Calvino e sedurre ritmicamente come Bregovic, lo mollerei perché sarebbe un concentrato di perfezione! Per ora vi basti sapere che più dell’essere umano amo l’artista che è in lui, tranne quando non reputa un crimine abbinare l’aggettivo “solare” a qualcosa che non sia una crema.»).

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