La rondine di Puccini al Massimo “Bellini” di Catania
Opera straordinaria per 100 anni fuori dalla meritata attenzione!
Il Maestro Gianluigi Gelmetti, qui anche regista, ha saputo innalzare La rondine ad alte vette. Non opera protofemminista ma, con buona ragione del direttore-regista, «Musica e dramma si sposano […] alla perfezione». La poesia non ancella della musica, ma Signora alla pari!
Non si spiega la poca fortuna de La rondine di Giacomo Puccini su libretto di Giuseppe Adami; poco seguita dal pubblico, non ben accolta dalla critica per cento anni.
L’ho seguita, poche sere fa, al Teatro Massimo “Bellini” di Catania e l’ho trovata un’opera stupenda, fra le corone di Puccini, che la bacchetta di Gianluigi Gelmetti e la sua capacità di lettura, anche nella veste di regista, hanno saputo innalzare ad alte vette per come, del resto, l’opera merita.
D’altronde lo stesso Autore aveva tarpato le ali alla sua creatura, definendola “solenne porcata”. Lo aveva detto perché disturbato ed inquietato dalle lingue malefiche; nel profondo, nutriva però un vero e proprio culto verso quest’opera straordinaria che, meglio delle altre sue più fortunate, risponde alla sua indole musicale e drammaturgica.
La storia, costruita nella Parigi del Secondo Impero, viene qui, in una Belle Époque sfocata, ambientata negli anni della prima guerra mondiale. Al centro una mantenuta che abbandona un’esistenza agiata per un giovane occitanico che vuole sposarla e vivere con lei in provincia. L’idea affascina la donna, ma poi, avverandosi la profezia del poeta Prunier (come la rondine/ migrerete oltre il mare), decide di ritornare alla vita di prima.
L’opera non ha un trasporto immediato, la melodia s’insinua lentamente a gocce segrete. Ti accorgi dopo che ti ha avvinto, vincolato e, a volte, anche conquistato. L’ho avvisato, all’improvviso, nell’aria “Bevo al tuo fresco sorriso”, melodia di forte intesa fra parole e musica che il tenore Danilo Formaggia (Ruggero) e il soprano Cristiana Oliveira (Magda), del 2° cast, hanno graziosamente interpretato fino ad incrociarsi armonicamente con la coppia (sempre tenore-soprano) Francesco Castoro e Ivana Speranza (Lisette) e ad allargarsi alla corale della folla del Bullier. E’ un gioioso brindisi che richiamerebbe quello de La traviata, ma differente è il modo di interpretare la vita fugace: in Verdi-Piave c’è l’esaltazione dell’amore e della vita in sé senza connotazioni limitative: Libiamo, libiamo ne’ lieti calici,/ che la bellezza infiora;/ e la fuggevol ora/ s’inebrii a voluttà. In Puccini-Adami è l’amore sentimentale che viene dal cuore: Magda: Il mio cuore è conquiso!/ Ruggero: T’ho donato il mio cuore,/ o mio tenero, dolce mio amore!/ Custodisci gelosa il mio dono perché viva sempre in te!
La forza di questo amore sta proprio nel fatto che nasca in un luogo della Parigi libertina, livellato da un’umanità varia e gaudente: grisettes, studenti, nobili e popolani in tutte le loro sfumature. Ma La traviata, eccetto nel tragico finale, è tutta ripercorsa: «da cima a fondo», come bene puntualizza Virgilio Bernardoni. C’è infatti ne La rondine una presa di coscienza che non rende Magda un’eroina vinta come Violetta, ma una donna che sa reagire e decidere. Non penso però si possa parlare di protofemminismo, verso cui, nella sospensione di un preciso giudizio, propenderebbe Gelmetti. La coscienza di ciò che è stata, dell’impurità, rendono, nel terzo atto, la protagonista pucciniana un’esclusa del nuovo mondo: No! Non devo ingannarti […] Il mio passato non si può scordare…/ Nella tua casa io non posso entrare […] Sono venuta a te contaminata! […] Trionfando sono passata/ tra la vergogna e l’oro!
Troverei più appropriato l’influsso del Verismo patologico e penserei a Giacinta di Luigi Capuana e, nel parallelo differenziato, all’espiazione della colpa in Magda: Pensa (dice a Ruggero) che il sacrificio/ che compio in questo istante/ io lo compio per te. Giacinta però, nel risultato finale, è una vinta, come la Violetta di Verdi e tutte le altre eroine pucciniane travolte da un terribile destino. La protagonista della Rondine invece non soccombe e, nel dolore, forte, rivolgendosi all’amato, pronuncia le sue ultime parole accorate: Quando sarai guarito, te ne ricorderai…/ Tu ritorni alla casa tua serena…/ Io riprendo il mio volo e la mia pena… Quindi il ritorno, pur nella sofferenza, alla vita mondana precedente, magari a Rambaldo, l’uomo ricco che l’aveva mantenuta.
Nel finale, come in tutto il terzo atto, specie nella lettura della lettera della madre di Ruggero da parte di Magda, c’è «il momento più bello, devastante, emozionante dell’opera», ma lo trovo in un’ottica opposta a quella di Gelmetti; Magda rinuncia alla nuova vita perché non si reputa degna di un amore puro e di essere accolta in un focolare di ideali e virtù sublimi: Il mio passato non si può scordare…/ Nella tua casa io non posso entrare! […] Sono venuta a te contaminata! E qui, come in tutto l’atto finale, con buona ragione del Maestro Gelmetti, «Musica e dramma si sposano […] alla perfezione».
Mi auguro che il pensiero di merito il direttore-regista l’abbia rivolto anche a Giuseppe Adami perché, specie in quest’opera, la poesia non è affatto ancella della musica ma Signora alla pari!
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Personaggi e interpreti: Magda: Patrizia Ciofi /Cristiana Oliveira; Ruggero: Giuseppe Filianoti / Danilo Formaggia; Lisette: Angela Nisi / Ivanna Speranza; Prunier: Andrea Giovannini / Francesco Castoro; Rambaldo: Marco Frusoni; Yvette: Ivanna Speranza / Sofia Folli; Bianca: Katarzyna Medlarska; Suzy: Pilar Tejero; Gobin: Jesus Piñeiro; Périchaud: Giuseppe Toia; Crébillon: Salvo Di Salvo; Un maggiordomo: Salvo Di Salvo; Un cantore: Pilar Tejero.
Orchestra e Coro del Teatro Massimo Bellini; maestro concertatore: Gianluigi Gelmetti; direttore (19, 20, 23, 24 gennaio): Leonardo Catalanotto); maestro del coro: Gea Garatti Ansini; scene e costumi: Pasquale Grossi; regista collaboratore: Eleonora Paterniti.
Pino Pesce
(foto di Giacomo Orlando)
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Mer, Gen 31, 2018
Spettacolo, Teatro