Lo Stabilimento Monaco di Misterbianco
Un luogo della memoria della prima guerra mondiale
Ricorre il centesimo anniversario della Grande guerra 1915-18: Misterbianco risulta tra i 27 comuni siciliani designati come “Luoghi della memoria” del conflitto, all’art.6 della legge regionale n.5 del 20 marzo 2015 (per “la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico-culturale della prima guerra mondiale e la promozione delle celebrazioni del centenario dell’inizio del conflitto”).
Infatti, come risulta anche dagli archivi militari, in Sicilia ed al paese – lontano dal fronte – venivano destinati i prigionieri di guerra austro-ungarici, che vivevano in determinati luoghi consistenti spesso in realtà in “campi di lavoro” più che di prigionia. Tra questi, è risultato anche l’attuale Stabilimento di Monaco, oggi di proprietà comunale e modernamente ristrutturato, allora “Fabbrica Francesco Monaco e figli”, una vera e propria industria dove si producevano paste alimentari e liquori in quantità considerevole, impiegando centinaia di lavoratori misterbianchesi, tanto che la Ferrovia Circumetnea aveva realizzato dei binari che entravano fino all’interno della fabbrica per il carico e lo scarico delle merci.
Il collega pubblicista misterbianchese Carmelo Santonocito, appassionato studioso e cultore della storia cittadina, sollecitato dal nicolosita dott. Giuseppe Mazzaglia, ha compiuto ricerche certosine anche presso lo stato civile ed i registri cimiteriali del proprio Comune, ed approfondito attraverso i ricordi dell’anziana mamma Angeluzza (che oggi ha 89 anni) e della sua centenaria madrina Antonia, scomparsa qualche anno fa, tanti dettagli dell’epoca rimasti finora sconosciuti, che hanno portato a riscontri archivistici e testimonianze. La mamma della madrina ad esempio ricordava alla figlia un litigio col marito perché egli aveva invitato a pranzo “un amico gentile ufficiale straniero che lavorava con lui alla Fabbrica Monaco”, e le chiedeva la gallina delle migliori occasioni; e la mamma di Carmelo ricorda che da piccola giocava con un serpente di legno “fabbricato dai prigionieri stranieri”. Ciò testimonia che quei militari godevano di uno stato particolare: erano prigionieri, ma si muovevano liberamente e facevano amicizie sul luogo di lavoro, dove probabilmente, oltre a dare una mano alla produzione, confezionavano degli oggetti giocattolo in legno che poi regalavano ai compagni di lavoro per i loro figli. Ed è pure probabile – stando ai ricordi e alle dirette testimonianze familiari – che gli ufficiali, durante le ore libere dall’impegno in fabbrica, facessero marciare i loro militari per le strade del centro. Finora qui non se n’era parlato.
Sul registro dello stato civile del Comune del 1919, è annotata la morte di un militare avvenuta il 19 aprile di quell’anno. L’atto di morte fa espresso riferimento alla sua posizione di “prigioniero di guerra” senza fare cenno alla sua nazionalità, anche se il nome e cognome sono chiaramente non italiani. Da questo primo riscontro, la ricerca è continuata nell’archivio del cimitero, dove consultando il registro dei seppellimenti arriva la conferma che il defunto “prigioniero di guerra” era di origine “austriaca” (così è segnata sul registro). La novità è che i deceduti sono due (numeri cronologici 63-64 del registro: i cognomi sembrerebbero Ruchetes e Zemailie) e nulla è scritto sul secondo militare sepolto. Ciò probabilmente a causa della frettolosità delle procedure a seguito di decessi per malattie infettive, come la “spagnola” ricorrente a quei tempi. I due militari sono poi finiti nelle fosse comuni. Comunque, risulta scritto che la morte è avvenuta “in via Archimede o Galliano”, due strade parallele che non si intersecano, ma che costeggiano a nord e sud appunto la “Fabbrica Monaco”, dove si deduce che i militari prigionieri alloggiassero, e dove sono quindi deceduti due degli oltre duecento che si trovavano nel nostro comune. L’oblio, per quasi un secolo, ha coperto tutto.
Grazie ad appassionate ricerche, a documenti e testimonianze dirette è stato dunque possibile – con lo stimolo di Mazzaglia prima ed il lavoro tenace di Santonocito poi – ricostruire e recuperare alla “memoria” momenti e fatti sì “marginali” ed ignorati rispetto agli eventi bellici, ma di straordinaria importanza per la storia ed il patrimonio culturale (materiale e immateriale) del Comune di Misterbianco. E se fu questo il trattamento riservato ai prigionieri di guerra stranieri un secolo addietro, la comunità misterbianchese oggi può sentirsene legittimamente orgogliosa.
Roberto Fatuzzo
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Dom, Giu 7, 2015
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