“Il Berretto a sonagli” di Pirandello all’Ambasciatori di Catania
Filosofia e antropologia esistenziale filtrate da un’esistenza apparentemente mediocre
Grazioso, semplice e lineare il berretto a Sonagli di luigi Pirandello messo in scena al Teatro Ambasciatori di Catania per la stagione teatrale del Gruppo d’Arte “Sicilia Teatro” diretto da Tino Pasqualino.
Una Serata che è riuscita gradevole perché non aveva pretese auliche e altisonanti, ma che umilmente ha ben compreso che un copione, un’opera, devono essere presentati al pubblico senza aggiungere troppi ingredienti a quanti già ne contiene.
Tutti gli elementi su cui riflette sono già contenuti più che perfettamente nel testo, specialmente quando sono a firma di premi Nobel come il Nostro agrigentino.
Una semplice e graziosa scenografia, la definizione dei tratti caratteriali di ciascun personaggio, la tipologia e la contestualizzazione storica, e tutto poi diventa messaggio senza tempo, perché nulla di nuovo è sotto il sole, per dirla con il Qoelet.
Così, eccezion fatta per una maga: La Saracena (Agata Bassetta), inspiegabilmente troppo aggressiva, ogni personaggio-attore ha svolto con pulizia e affabilità il ruolo cui era stato chiamato a svolgere, portando avanti con chiarezza il messaggio che l’autore voleva comunicare.
La sensazione, serena, era quella di sfogliare un libro illustrato e capire passo dopo passo, senza smarrirsi temendo di aver perso il filo, la sequenza narrativa e la riflessione cui rimandava.
Così, Ciampa (Nino Signorello), pur rimanendo nell’ambito di uno spazio sonoro medio, senza troppe variazioni di intensità di colore, quasi monocorde, riusciva ugualmente, per un sapiente calcolo dei ritmi e delle pause, nonché per un eloquentissimo gesticolare, a far passare con chiarezza i punti sostanziali del messaggio pirandelliano.
L’alta filosofia e l’antropologia esistenziale, filtrate da una esistenza apparentemente mediocre, come quella di un mezzemaniche come Ciampa, arriva con facilità anche al più distratto degli spettatori, grazie anche ad una gradevole interazione con donna Beatrice Fiorica (Maria Piana) moglie di Ciampa che nell’ultimo atto ha elevato egregiamente la sua interpretazione.
Piacevole Fifi (Andrea Schilirò), fratello di Beatrice, col suo fare disinvolto ed equilibrato che duetta simpaticamente con un altro caratterista, il delegato di polizia Spanò (Franco Colajemma), affabile e divertente nella connotazione affettiva che l’attore ha voluto assegnare al suo personaggio.
Insomma, ecco chiaro il quadretto: persone semplici, che semplicemente vivevano un dramma reale, comune a tutte le culture e in tutti i tempi.
Questo ha reso la drammatizzazione piacevole e vera, poiché, senza troppe pretese, la regia di Santi Consoli ha prodotto un tipo di teatro che raggiunge l’uomo nel suo quotidiano, nella sua appercezione più immediata, ed è una prerogativa illuminante, se si vuol avere speranza di vedere le sale gremite di persone e non solo di specialisti e di addetti ai lavori.
Altri personaggi della commedia sono: Fana (Annamaria Nicotra), cameriera di Casa Fiorica, Assunta Labella (Fiorella Tomaselli), madre di Beatrice, e Nina (Alessandra Vasta), moglie di Ciampa.
Si ricordano poi: l’assistente alla regia: Graziella Giunta, il direttore di scena: Alessandro Pennisi, l’assistente alla fonica: Maria Elena Trovato, l’assistente di sala: Rosita Scamporino e Daniela Palermo. I costumi sono stati de “Il vicolo della moda”.
Norma Viscusi
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Gio, Apr 2, 2015
Cultura, Spettacolo