“La Baronessa di Carini” di Cucchiara al “Brancati” di Catania
Dal 1980, in scena per la prima volta a Catania, ha girato il mondo con numerose tournées
Un grande ritorno, questa volta sul palcoscenico del Teatro Brancati di Catania, per il musical 100% made in Sicily di Tony Cucchiara: La Baronessa di Carini. Un successo già annunciato, visto la popolarità dello spettacolo che dal 1980, anno in cui venne messo in scena per la prima volta a Catania, ha girato il mondo in diverse tournée nazionali e internazionali. Nuovo cast e nuova regia, firmata da Angelo Tosto, per raccontare l’arcinota leggenda popolare siciliana. La storia, ambientata nel XVI secolo, narra la vita sventurata di Laura Lanza di Trabia (Ornella Brunetto), figlia del Pretore di Palermo Don Cesare (Emanuele Puglia) costretta a sposare a soli 14 anni il signore di Carini, Vincenzo La Grua (Rosario Minardi). L’uomo che non si cura minimamente di lei, preso com’è dalla fama e dalle sue amanti, s’insospettisce quando nota le attenzioni dell’avvenente cugino Ludovico Vernagallo (Giacomo Buccheri) nei confronti della fanciulla. Per arginare la situazione Don Vincenzo decide, insieme al suocero, di relegare Laura in campagna per evitare che desti ulteriore scandalo. L’amore tra Laura e Ludovico è talmente intenso e viscerale che in più di un’occasione i due s’incontrano di nascosto nel remoto luogo dove lei è costretta a vivere. In una di quelle occasioni Frate Giuda (Enrico Sortino) si rende testimone del misfatto, preso dalla frenesia decide di raccontare tutto a Don Cesare che per prima cosa lo fa impiccare e poi lava l’onta subita versando il sangue della figlia. Precipitata all’inferno Donna Laura vaga come un’anima in pena finché non viene raggiunta dal suo amore.
Una storia d’amore intensa, ricca di elementi come la gelosia, la passione, l’onore che la rendono senza tempo. In fondo la psicologia dei personaggi è semplice: Laura ha un marito che non la ama, che non fa altro che umiliarla con i suoi continui tradimenti, quando lei però s’innamora di Ludovico, Don Vincenzo non può accettare la sconfitta sociale e sentimentale e decide di coinvolgere il suocero in modo da troncare definitivamente la relazione adulterina della moglie. Don Cesare sceglie l’onore personale e il prestigio del buon nome rispetto all’amore per la figlia, e quando le voci dell’infedeltà di Laura si fanno più pressanti pone fine alla questione in modo drastico. Certo la visione della donna è un po’ demodé: Donna Laura non può scegliere della sua vita in maniera libera visto che è assoggettata al controllo del padre e del marito. Se fosse stata un’eroina dei nostri tempi sarebbe ricorsa ad un tribunale, avrebbe divorziato e sposato Ludovico, ma il finale dell’opera è tutt’altro. Ci viene, tuttavia, più semplice da accettare grazie al fatto che l’amore ne esce comunque vittorioso.
Lo spazio scenico piuttosto ridotto per cotanto cast d’attori è comunque ottimizzato da una scenografia (Salvo Mangiagli) lineare sullo sfondo, che rappresenta le mura della città, e con praticabili che permettono di creare al centro un quadrato adoperato in molti modi dal coro e dai protagonisti, a seconda del luogo in cui si svolge la scena. I costumi firmati da Giuseppe Andolfo sono tradizionali costumi popolani per il coro, mentre le giacche e le lunghe vesti dei nobili sono ricchi nei ricami e colorati. La bellezza diafana della protagonista Ornella Brunetto esplode in una grande potenza canora, facendo risaltare una tessitura vocale limpida e cristallina sia nelle parti acute che in quelle basse. Giacomo Buccheri è un partner di scena di tutto rispetto, convincente nell’interpretazione grazie ad un timbro caldo e corposo. Risulta altrettanto convincente l’interpretazione di Puglia, severo padre di Laura, che punta tutto sulla perfidia e la tirannide, mostrando solo alla fine un briciolo di rimorso per l’atrocità commessa.
Non possiamo dimenticare i momenti di simpatica verve di San Pietro (Riccardo Maria Tarci), Santa Mommina (Barbara Gallo) e del Padreterno – nuovamente Rosario Minardi, un attore versatile che nel caratterizzare l’interpretazione dell’Altissimo sfodera un accento ragusano rendendo il personaggio fuori dagli schemi – che con momenti di riso allentano la drammaticità della storia. Tosto aggiunge una chicca personale al testo con il jolly (Yvonne Guglielmino), un mimo che insieme al Cantastorie (Adriano Di Bella) conferisce un’ immagine più intimistica all’insieme.
A completare la bravura della compagnia troviamo i ragazzi del coro (Anna Aiello, Dario Castro, Giulia Di Domenico, Marzia Patanè Tropea, Marina Puglisi, Patrizia Scilla e Renato Vinciguerra) che nell’interpretare i popolani, i diavoli e i dannati formano la vera struttura portante di tutto lo spettacolo, magnifici in molti momenti soprattutto nei controcanti.
Nei ringraziamenti finali la compagnia tutta e il regista Angelo Tosto, noto interprete nelle passate edizioni dell’opera, hanno intonato un brano del musical e con grande commozione hanno dedicato il lungo applauso della platea a Giusy Vullo, la moglie di Tony Cucchiara recentemente scomparsa. Il musical ricopre un ruolo di riguardo nell’olimpo delle opere siglate da Cucchiara che conta tra i successi più grandi: Caino e Abele (1972) e Pipino il Breve (1978).
Laura Cavallaro
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Gio, Feb 27, 2014
Spettacolo