San Giovanni Decollato di Martoglio al “Musco” di Catania
Un’esilarante commedia siciliana ricca di battute e colpi di scena
A pochi giorni dal restyling del memorabile e glorioso Teatro “Angelo Musco” di Catania, prima sede storica del Teatro Stabile catanese, è stata inaugurata, il 26 dicembre 2013, la stagione ufficiale “L’isola del teatro” con San Giovanni Decollato del beniamino Nino Martoglio.
«Ignoriamo – dice il regista Angelo Tosto – il motivo per cui Nino Martoglio scelse il Battista quale “coprotagonista” della commedia, forse perché, sia pur nella sua agghiacciante tragicità, la testa decapitata del Profeta che giace inerte su un piatto, come una qualunque pietanza, racchiude in sé un recondito messaggio comico-grottesco?» Non abbiamo una risposta a codesta domanda ma sappiamo, per certo, che la scelta fu azzeccata, visto che l’opera in questione venne scritta per Angelo Musco. La regia di Tosto, grazie al suo estro, rende il testo, già di per sé divertente, un successo all’ennesima potenza anche per la verve comica dell’ottimo Mimmo Mignemi nei panni del protagonista Mastru Austinu Miciaciu. Due elementi esplosivi, quindi, per uno spettacolo a base di folclore e risate da non poterne più.
Agostino è un ciabattino sposato a Lola (Margherita Mignemi), una donna rude con la quale non fa altro che litigare dalla mattina alla sera. Il ciabattino sembra però aver trovato il modo per alleviare le sue pene matrimoniali: rivolgersi con continue preghiere a San Giovanni Battista perché faccia cadere la lingua alla propria moglie: «San Giuvannuzzu, vui chi siti un santu miraculusu, mi l’aviti a fari stu miraculu, sintistu?… Senza ca ma faciti moriri!… Quantu ci sicca sulu a lingua! Chi poi vi fazzu na nuvena chi vi l’aviti a ricuddari sinu chi campati.»
La situazione si complica quando la figlia Serafina (Ramona Polizzi), non avendo una dote, viene promessa in sposa dal padre ad Orazio Funcidda (Camillo Mascolino), sebbene non provi per quest’uomo, molto più grande di lei, nient’altro che disprezzo. E’ allora che la giovane si lascia tentare dalla classica fuitina con Don Ciccinu (Giampaolo Romania) del quale invece è perdutamente innamorata. Mastro Austinu da questo momento in poi si troverà coinvolto in un turbine d’eventi: organizzare le nozze riparatrici, conoscere i nonni di Ciccinu, tentare, in maniera piuttosto impacciata, di far credere ai parenti acquisiti di essere un professore in pensione e, soprattutto, sfuggire alla furia vendicativa di Orazio che, all’atto della promessa della figlia, era stato drastico e minaccioso: «Mastru Austinu si vui mi diciti sì, ju cci fazzu suppa, dormu ccu ‘ddu pinseri, mangiu ccu ‘ddu pinseri, bivu ccu ‘ddu pinseri, e si poi nasci quarche diffiurtà e mi vidu licinziari, allura addiventu ‘n armali, e pò fíniri tinta.»
Su quest’intreccio, che va visto per ben capirlo, tre atti di battute esilaranti e di enigmatica simpatia, intervallati da momenti di lucida riflessione. La scenografia, anch’essa firmata da Tosto, si presenta semplice e funzionale; con una prevalenza di toni caldi che danno risalto, nel primo atto, allo sfondo di piccole case in miniatura che s’incastrano a puzzle; colori che ritornano, nel secondo e nel terzo, all’interno del salone di Massaru Caloriu (Fulvio D’Angelo) e Massara Prudenzia (Nellina Laganà). D’altra parte nei costumi di Dora Argento si ritrovano cromie più neutre: dal grigio al bianco, vesti sceniche calate alla perfezione nell’epoca storica del testo e realizzate con grande cura e dovizia di dettagli: ricordiamo a tal proposito l’abito da sposa di Serafina.
Il ben assortito cast annovera anche: Vitalba Andrea, Amalia Contarini, Manuela Ventura, Luana Toscano, Raniela Ragonese, Sergio Seminara, Cosimo Coltraro e Alessandro Idonea.
In un periodo in cui gli spettacoli tradizionali vengono spesso bistrattati, “L’isola del teatro” rappresenta un giusto compromesso tra nuovo e vecchio, il quale, in particolare, si riscontra nel legame con le nostre radici e con un dialetto siciliano che risente di contaminazioni dei nostri giorni.
Ci riteniamo doppiamente soddisfatti: per la bravura dei protagonisti del San Giovanni Decollato e perché un tempio sacro dell’arte, come il Teatro Musco, viene aperto al pubblico tutti i giorni come ritrovo per appassionati, amatori o semplici novizi dell’arte e della cultura teatrali.
Laura Cavallaro
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Mar, Gen 7, 2014
Spettacolo