“Una magia del Barocco siciliano: Via Crociferi” di Giulia De Marco
Una passeggiata all’esterno e all’interno degli artistici monumenti catanesi visivamente presenti
È difficile che un turista non abbia mai visitato la via Crociferi di Catania, che prende nome dai frati camilliani addetti agl’infermi, i quali avevano in essa un loro convento. In questa via c’è un alto concentrato del Barocco siciliano: motivo per il quale vi sono state girate numerose pellicole cinematografiche, tra cui la Storia d’una capinera di Giovanni Verga, tanto per ricordarne soltanto una.
Ora l’artistico volume Una magia del Barocco siciliano: Via Crociferi di Giulia De Marco (C.R.E.S., Centro di Ricerca Economica e Scientifica, Catania, 2012, pp. 104, s. p.) traccia la storia e il profilo della via, accompagnando e guidando il lettore in una passeggiata all’esterno e all’interno dei monumenti, resi visivamente presenti mediante una serie di figure numerate e dettagliatamente spiegate.
La storia, che comprende anche note biografiche dei vari artisti che vi lavorarono, ha come discrimine il disastroso terremoto dell’11 Gennaio 1693, quando Catania fu quasi interamente rasa al suolo; e da lì partì la ricostruzione della città, ed in particolare di questa via, che col tempo ha assunto l’aspetto attuale. L’accaparramento di terreni da parte delle autorità ecclesiastiche fece sì che in essa si concentrassero vari monasteri, conventi e chiese, dando luogo anche a curiosi episodi di braccio di ferro fra autorità religiose e autorità civili, come quello della costruzione del caratteristico arco-viadotto a fianco della chiesa di S. Benedetto, il quale funge da corridoio di collegamento fra la badia grande e la badia piccola, fatto costruire di getto in una notte del 1704 da parte del vescovo Riggio a dispetto d’una contraria risoluzione del senato locale.
Dopo uno sguardo d’insieme sulla via, che nel suo mezzo millennio d’esistenza ha visto erigere vari palazzi civili oltre che opere religiose, diventando poi il cuore della processione della festa di S. Agata, l’autrice descrive le chiese e i relativi monasteri o conventi di S. Benedetto, S. Francesco Borgia, S. Giuliano e S. Camillo, concludendo il percorso a villa Cerami, col grandioso portale dell’architetto Giambattista Vaccarini (1702-1768, autore anche della chiesa di S. Giuliano) che fa da fondale a questo scenario e che oggi è sede della facoltà di giurisprudenza, non trascurando di segnalare la persistente incuria e gli atti vandalici perpetrati a danno dei monumenti e augurando una maggiore civiltà dei cittadini e una costante presenza delle forze dell’ordine ai fini della preservazione d’opere di così straordinario valore.
In tutto ciò la De Marco — nata nel 1987 a Catania, dove si è laureata in lettere moderne e in storia dell’arte e beni culturali e dove ha svolto tirocinio nel museo diocesano — nonostante la giovane età, rivela spiccate doti di preparazione, ermeneutica e affabulazione, dimostrando anche di saper usare un idoneo linguaggio tecnico.
Dal punto di vista linguistico-espressivo, il libro è chiaro, scorrevole e pressoché totalmente corretto: la lettura è facilitata anche dalle belle fotografie di Marco Rizzo e Andrea Tornabene, che costituiscono occasioni di svago, oltre che di necessaria documentazione. Si nota soltanto lo scambio delle didascalie fra le figure 19 e 20 nonché l’errata indicazione delle figure 137, 138 e 139, l’indicazione di S. Antonino Abate nella figura 87 al posto di S. Antonio Abate indicato a p. 58, l’anteposizione dei cognomi ai nomi degli autori citati in varie note, sia pure separati da una virgola come nei cataloghi bibliotecari o in altri elenchi, l’uso delle locuzioni semplici riguardo e vicino al posto delle locuzioni prepositive riguardo a e vicino a, qualche incostanza nell’uso dei tempi verbali (ad es. nella nota 39 per lo stesso soggetto si succedono i verbi nasce, trascorre, apprese, fu, si recherà, fa, inizierà, si sposterà, lavorerà), qualche pleonasmo come dove vi stette nella nota 40, qualche virgola al posto d’un segno di punteggiatura più consistente e qualche refuso. Invece la forma grafico-editoriale del volume è eccellente sotto tutti i punti di vista (impaginazione, caratteri, qualità della carta e delle immagini, ecc.).
Per concludere, si tratta d’un volume di rilevante importanza, per cui è doveroso rendere merito, oltre che all’autrice, anche al C.R.E.S e al suo poliedrico presidente e direttore editoriale Giancosimo Rizzo, autore della presentazione del presente volume.
Carmelo Ciccia
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Dom, Dic 1, 2013
Cultura