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“Il contravveleno” di Martoglio avvia la stagione teatrale del “Brancati” di Catania

Gio, Nov 7, 2013

Primo Piano, Spettacolo

Un cast di interessante valore artistico con una perfetta tripletta: Jelo, Magistro, Musumeci

Riparte la stagione teatrale 2013/2014 del Teatro Brancati sotto l’attenta direzione artistica di Tuccio Musumeci che, come ogni anno, mescola, nel suo “salotto-teatro”, un mix di teatro contemporaneo e di testi della tradizione.

Ad inaugurare il nuovo cartellone un evergreenIl Contravveleno di Nino Martoglio con la regia di Turi Giordano. Il testo teatrale, pubblicato nel 1918 con il titolo U Contra, racconta la vita in uno dei quartieri più veraci della Catania degli anni ’20, la Civita, durante l’imperversare della piaga del colera. Così, le comari Sara la Petrajana (Olivia Spigarelli), sua figlia Tina (Evelyn Famà),  Cicca Stonchiti (Guia Jelo) e Cuncetta  Pecurajanca (Loredana Marino) trascorrono le loro giornate intente a stendere i panni al sole, a preparare il pasto frugale e battibeccare tra loro per un nonnulla, mentre  Don Cocimu Binante (Miko Magistro) e Don Procopiu Ballaccheri (Tuccio Musumeci) con aria smargiassa millantano le loro presunte conoscenze in ogni settore della scienza e cercano di spiegare pseudo-scientificamente la causa della pestilenza. Un baddista è convinto che a diffondere il morbo siano le polpette avvelenate, l’altro “colonnista” che questo sia portato dalle correnti d’aria. La comicità grottesca, tipica del teatro martogliano, scaturisce da una indigestione di Don Procopio che viene scambiata da tutti per la temuta malattia, e curata dal dottor Anfusu (Riccardo Maria Tarci) con del laudano, a cui si vuole attribuire valore di pozione miracolosa, il contravveleno appunto del titolo. Nonostante il suo cognome, Don Procopiu, maschera amata dal pubblico dell’epoca perché legata al settimanale D’Artagnan fondato dallo stesso autore belpassese, cerca di tenere fede ad una certa onestà arrabattandosi in piccoli lavori che gli consentano di vivere o sopravvivere di stenti. Lo stesso non si può dire di Don Cocimu che, venuto a conoscenza della mistura in suo possesso, non si lascerà scappare l’occasione di un guadagno facile, la quale si presenta  nel momento in cui la ricca za’ Petra (Elisabetta Alma) gravemente ammalata, reclamerà qualche goccia della preziosa pozione.

A completare il ricco cast Valentina Ferrante nei panni di Betta la Chirichiri e Angelo D’Agosta in quelli del facchinu di l’igiene. Una regia ben presente quella di Turi Giordano che si percepisce chiaramente ma senza mai inghiottire i suoi attori, ai quali lascia il giusto spazio interpretativo. Non è certamente una novità, ma in questo caso non dispiace l’idea di proiettare un video, ad apertura del primo atto, sulla Catania dei primi del secolo lasciando poi spazio alla scena vera e propria. Un cast di interessante valore artistico che si amalgama alla perfezione con la tripletta: Jelo, Magistro e Musumeci,  tra i quali risalta la naturale verve di Olivia Spigarelli. I tre protagonisti della scena siciliana e non solo, si riconfermano ancora una volta per spessore, carisma e tempi comici. Una grande interpretazione quella di Tuccio Musumeci che, questa volta, gioca una carta, che ci piace particolarmente: lasciando da parte gli eccessi comici e puntando invece sulla giusta misura, con abile escamotage, riesce ad arrivare in maniera diretta alla platea.

Naturalmente a concludere il quadro le scene di Riccardo Perricone, i costumi delle sorelle Rinaldi e le musiche di Matteo Musumeci.

Questo nuovo cartellone che annovera opere di Gianni Clementi, Emerico Valentinetti, Pierre Palmade e Christophe Duthuron, Tony Cucchiara e De Filippo rappresenta, è il caso di dirlo, un ottimo modo dunque per proiettarsi verso il futuro senza per questo dimenticare i pilastri portanti del nostro teatro, e siamo sicuri che se questo è l’inizio, i prossimi spettacoli non mancheranno di lasciarci sorpresi.

Laura Cavallaro

Laura Cavallaro

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