“Un Castello di Suoni” di Motta Sant’Anastasia chiude i battenti
La serie di concerti ha espresso i valori autentici della cultura e dell’arte
Il mondo multimediale, come profetizzava il filosofo W. Benjamin, ha eliminato la peculiare unicità dell’arte, la sua sacra aura. L’oggetto artistico è oggi riproducibile, quindi fruibile da tutti. Un progresso democratico, all’apparenza. Approfondendo la questione, si scopre invece come spesso ci troviamo non di fronte all’arte autentica ma al commercio dell’arte, che è cosa ben diversa: forme e contenuti sono differenti, si mira all’immediatezza comunicativa, alla superficialità, per giungere al definitivo sonno della ragione estetica. Le quantità industriali di musica e immagini che “navigano” superveloci abituano all’idea che tutto sia facile e disponibile, aggirando progettualità, studio, e sacrificio.
La musica classica basata su questi ultimi valori che posto potrebbe ricoprire in un simile contesto? L’occasione data dall’appuntamento conclusivo del Festival di Musica Classica Un Castello di Suoni, domenica 13 ottobre a Motta Santa Anastasia, può fornire una risposta, vivamente apprezzata da un pubblico pronto a recepire i valori autentici della cultura e dell’arte. Il quartetto d’archi César Franck (composto da Niccolò Musmeci e Dario Militano ai violini, Salvatore Randazzo alla viola e Salvatore Mammoliti al violoncello) ha presentato un repertorio contenente una miriade di spunti di riflessione, momento di crescita per la collettività che ha ospitato l’evento. Il concerto ha avuto inizio con la celebre Eine Kleine Nachtmusik K. 525, la Piccola Serenata Notturna per archi di W. A. Mozart, gioiello melodico della sua tarda attività compositiva, ed è proseguito col quartetto op. 96, detto L’Americano, di A. Dvorak, del 1893, sapiente sintesi di melodie popolari e rigore compositivo.
La capacità interpretativa dei giovani esecutori ha spinto il pubblico a richiedere ben due bis, cioè l’Aria sulla quarta corda dalla suite n. 3 BWV 1068 di J. S. Bach, e la riproposta del 2° tempo del quartetto di Dvorak.
La conclusione del Festival ha dimostrato che permane nella gente il bisogno di scoprire e apprezzare i tesori della nostra cultura e che non è necessario percorrere chilometri per realizzare questa esigenza in quanto la cultura non ha un centro e varie periferie ma l’Arte rinasce sempre in ogni luogo.
Mario Guarnera
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Lun, Ott 21, 2013
Eventi, Spettacolo