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Celentano generoso e offeso

Lun, Feb 6, 2012

Cultura&Società

Sussulto non gradevole in campioni rancorosi di categorie “culte”

Certi personaggi non riescono a vedere virtù e meriti lontano dalla greppia alla quale attingono il loro poco francescano pasto quotidiano: un Feltri, un Sallustri., un Belpietro e compagnia bella sono pagati piuttosto bene da padron Silvio, ma trovano criticabili i compensi altrui, se appena superano i loro

Che uomo sapiens al quadrato (la vera definizione scientifica, infatti, è sapiens sapiens) sia un copioso scrigno di varietà, genetiche e culturali (in senso antropologico, e non soltanto scolastico), è cosa risaputa, e non dovrebbe più fare impressione scoprire conseguenze sgradite di sì larga campionatura; eppure si avverte un sussulto di sorpresa non gradevole quando capita di imbatterci in campioni insospettabili di rancorosi appartenenti a categorie culte: ad esempio, giornalisti della stampa quotidiana più diffusa. E’, appunto, il caso scelto ad oggetto di questo sfogo. Come è noto, Adriano Celentano ha deciso e dichiarato che devolverà in beneficenza il compenso per la sua partecipazione al Festival di Sanremo, dopo aver chiesto informazioni ai sindaci di vari paesi e città sulle famiglie più bisognose di soccorso. L’iniziativa del Cantante e i relativi compensi sono stati annunciati dal direttore artistico del Festival, Gianmarco Mazzi nei seguenti termini e cifre: “Se Celentano farà una sola serata, il suo compenso sarà di 350 mila euro, se due di 700 mila, se tre, quattro, tutte, di 750 mila”. Che cosa ci si deve aspettare, da qualunque commentatore del gesto generoso del Cantante più famoso d’Italia, se non elogi e plausi? Ebbene, no, c’è gente, alto-locata (direttori di giornali, per esempio) che hanno da ridire, che criticano, che ci vedono esibizionismi e furbizie, in così “spettacolare” generosità; e chissà cos’altro. Ecco un campione della cialtroneria alto-locata: «Il furbo Celentano, annusata l’aria che tira, ha deciso di fare retromarcia. Il suo esagerato compenso, che aveva fatto gridare allo scandalo anche i pensionati italiani e a [sic!] chi il cànone lo paga ogni anno, verrà devoluto interamente a Emergency e a sette famiglie bisognose. A scacciare ombre maligne dalla Rai è stato il direttore artistico del Festival di Sanremo, Gianmarco Mazzi, che ha affermato: «Si è scatenata intorno al suo compenso una polemica dal tono rabbioso e un po’ ipocrita. Mi viene il dubbio ci sia paura che Celentano parli, oltre a cantare. Mazzi ha cercato di buttare acqua sul fuoco delle polemiche circa il compenso elargito al Molleggiato». A parlare così è Il Giornale, quotidiano della scuderia berlusconiana. Le insinuazioni malevoli traspaiono chiare dallo straterello di fittizia oggettività che le  copre: Celentano, secondo questa ermeneutica gesuitica, sarebbe stato indotto dal clamore mediatico avverso a indossare l’abito del filantropo. Quando si dice la coerenza! Certi personaggi non riescono a vedere virtù e meriti lontano dalla greppia alla quale attingono il loro poco francescano pasto quotidiano: un Feltri, un Sallustri., un Belpietro e compagnia bella sono pagati piuttosto bene da padron Silvio, ma trovano criticabili i compensi altrui, se appena superano i loro: figuriamoci come vedono le gonfiezze al Festival sanremese. Eppure questa è la stessa gente che fa il tifo per la civiltà liberale e liberistica, che promuove il libero mercato come unico sistema civile e democratico. Mi ricordano una vecchia canzone della mia lontana non vecchiaia: un tizio cantava proponendo itinerari bizzarri («si potrebbe andar tutti quanti al tuo funerale, e veder di nascosto l’effetto che fa», eccetera) una vocina disperata chiedeva: «vengo anch’io?», e l’altro faceva «no, tu no!», la vocina chiedeva: «Ma perché?» e quello sparava «Perché no». Trasponendo: libero gioco delle forze economiche, viva il mercato, e via santificando l’incontrollato; ma se un personaggio che non ci è simpatico riceve un libero compenso da liberissimo mercato, allora gli antipatizzanti di ogni lingua e di tutti i calibri strillano allo scandalo. E se il beneficato decide di donare il suo esoso e liberissimo compenso, non contestabile in una società liberista, lo si calunnia accusandolo di furbizia. Ammonisce un vecchio adagio: così va il mondo. E noi anzianotti sappiamo come al peggio non ci sia fine; e allora, magari ci consoliamo (si fa per dire) con un proverbio. Ma ci gratifica di più lo stesso Celentano, che ha sense of humour da vendere, e non si turba certo per la malizia di certi temperamenti atrabiliari. Ed è con un saluto al Generoso che ci congediamo dal più credibile cantante nazionale.

Pasquale Licciardello

Filosofo, saggista, critico letterario, poeta. Già docente di Filosofia, ha collaborato, sin dal suo nascere, a Biologia Culturale, diretta da Gino Raya. Fra le tante testate, cui ha collaborato, ricordiamo La Sicilia (terza pagina), Netum, La Gazzetta di Noto, l’Alba/ArteCulturaSocietà. Di quest’ultima testata è stato giornalista culturale sin dall’anno di nascita: 2005. E’ l’erede culturale per eccellenza di Raya. Della stretta aderenza al Maestro, ricordiamo: Il famismo nella cultura contemporanea, Roma 1974; delle opere letterarie: La grande assenza, Firenze 1993.

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