“Muratori” di Edoardo Erba al Teatro “Brancati” di Catania
Sorrisi e screzi per raccontare l’insoddisfazione e la durezza del vivere
Chissà quante volte vi è capitato di sentir dire che il mestiere dell’attore non è un lavoro duro: ebbene, dopo aver visto l’ultima fatica teatrale di Nicola Pistoia e Paolo Triestino al Teatro Brancati, sicuramente vi ricrederete perché, nello spettacolo Muratori di Edoardo Erba, i due attori, alle prese con carriole, mattoni e cemento, vestiranno i panni di Germano e Fiore, due muratori che nel cuore della notte tenteranno di costruire un muro, il quale andrà a chiudere il palcoscenico di un teatro della Capitale ormai in disuso, ceduto al confinante supermercato. Ma il teatro è un luogo magico e nella vita di questi due amici accadrà qualcosa che li cambierà per sempre. Non voglio però svelare altro, accennerò solo al fatto che nel buio delle quinte fa la sua apparizione la bellissima signorina Giulia, di strindberghiana memoria, a turbare la vita lavorativa e personale di Fiore e Germano.
Firma la regia dello spettacolo Massimo Venturiello, i costumi sono invece di Sandra Cardini e le scenografie di Francesco Montanaro che, con magistrale bravura, si è occupato di quello che definisce il “quarto protagonista: il muro”. Siamo abituati a sentir parlare di rottura della quarta parete, che in effetti ritroviamo nella pièce già dall’incipit, ma di certo risulta sconvolgente per lo spettatore assistere alla costruzione di una parete di mattoni – realizzata in vetro resina stampato sottovuoto e poi debitamente verniciato – man mano che si procede con la storia. La fatica e il lavoro vengono sottolineati durante la vicenda dalla musica e dall’uso di luci sul tono del rosso. Il punto di forza dell’intero testo è dato dalla mimesi del quotidiano, dall’impossibilità di trovare un lavoro e in molti casi di doversi accontentare di uno precario. Lenni Lippi è al suo debutto nei panni della signorina Giulia, una figura eterea dalla voce melodiosa nel canto, che costituirà lo squarcio nella realtà ed il passaggio ad una dimensione altra, a metà tra l’onirico e lo spettrale. La lunga tournée che lo spettacolo e i suoi protagonisti hanno alle spalle non fa altro che riconfermare con semplicità e bravura una maniera alternativa di raccontare tra battute, sorrisi e screzi, la durezza del vivere e l’insoddisfazione dell’uomo.
Il testo di Erba si riconferma, a distanza di anni, di sconvolgente attualità, in un’Italia dove sfortunatamente la cultura, il teatro e l’arte sono sempre tra le prime realtà a pagare lo scotto più alto. Non vogliamo di certo cadere nella banalità né tanto meno nella polemica, ma non si può non attenersi ai cambiamenti in atto nella nostra società; non è infatti per niente strano assistere sempre più spesso alle costruzioni di grandi centri commerciali e supermercati e quasi mai di teatri, quando non si rischia di dover protestare per cercare di tenere in vita quelli già esistenti.
Difficoltà a parte, ritornando allo spettacolo, Pistoia/Triestino, certamente grazie al supporto registico, hanno saputo ben rappresentare e raccontare storie ordinarie che il pubblico sente vicine, dove non mancano riferimenti culturali che spesso rimandano all’apertura di nuovi scenari. La coppia così si riconferma nuovamente vincente, con uno spettacolo di qualità che da anni riceve consensi di pubblico, facendo conoscere uno degli autori contemporanei più importanti della scena italiana: Edoardo Erba.
Laura Cavallaro
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Gio, Gen 3, 2013
Spettacolo