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ACHTUNG! Altra colonia ebraica nelle terre di Gaza

Mer, Gen 2, 2013

Cultura&Società

Israele è il fattore più a rischio di guerra in tutto il Medio Oriente

Lo sappiamo: qualcuno (tanti?) protesterà per l’utilizzo, suscettibile quant’altri mai di fraintendimento, della famosa, anzi famigerata, minaccia teutonica, spostata sull’ebreo, bersaglio elettivo di certo nazismo razzista. E vada per la protesta: chi ha un’idea chiara ha il dovere di mostrarla, dichiararla, esibirla come un vessillo, personale o di gruppo, che venga a proporsi. La nostra idea, semplice per contenuto e ispirazione, è questa: Israele, oggi come oggi, è il fattore più a rischio di guerra in tutto il Medio Oriente. E forse anche aldilà di quei confini. La politica condotta finora, e garantita dalla sua arroganza anche per domani e dopodomani, è la più stupida e rischiosa scelta che una comunità civile (insomma, non di barbari mascherati da civili) possa concepire e realizzare. L’annuncio spudorato di Netanyahu per la costituzione di un’altra vasta “colonia” ebraica nel territorio di Gaza è combustibile di sicuro effetto per altri scontri armati, altre repressioni ebraiche; e, last but not least, per il saldarsi di Hamas nella più smagliante legittimazione. Una pagina del Corsera dello scorso 7 giugno dedicata all’argomento aiuta a cogliere al meglio la situazione: una foto-color grande e centrale mostra uno dei molti e soliti soprusi israeliani, l’arresto vigliacco di una donna palestinese “durante una protesta contro l’occupazione in Cisgiordania”. Israele non tollera più nemmeno una pacifica e innocua dimostrazione di protesta! Sotto una grande foto si stende un titolo che avremmo desiderato non vedere: Tra colonie e posti di blocco chiusa la via della pace. A “catenaccio” si denuncia, ma soltanto in implicito, l’arroganza ebraica: “L’espansione israeliana nelle terre arabe”. Altro titolo, La città contesa, con annessa cartina geografica, mostra il lembo di territorio che ingrassa la bulimia territoriale dello Stato sionista. Il supporto iconografico reca questa explanatio: “Le colonie israeliane e la zona EI, che se realizzata collegherebbe Ma’ale Adumin a Gerusalemme, dividendo il nord dal sud della Cisgiordania”. Cioè, danneggerebbe ancora i palestinesi, e aggiungerebbe, pertanto, un altro motivo di risentimento: come dire, altro alimento all’odio mortale che divide le due comunità grazie all’arroganza spocchiosa dei capi ebrei. La quale viene mostrata dal giornale in un riquadro evidenziato da titoli nudi, cioè spogli di complicità con l’abuso: “Annuncio di Netanyahu. Via libera a nuovi insediamenti. Prosa del “riquadro”: “Il premier Beniamin Netanyahu ha ordinato ieri la costruzione di 300 nuove unità abitative nella colonia israeliana di Beit El e poche ore dopo di altre 551 unità in altre colonie in Cisgiordania”. Questa ennesima bravata viene “illustrata come una saggia “mossa intesa a placare la rabbia dei coloni” ebrei “per la rimozione, ordinata dall’Alta Corte di Giustizia, di 5 palazzine nell’insediamento di Ulpana perché costruite su un terreno di proprietà palestinese”. Vedi rabbia da dignità ferita per la rimozione di un abuso! Davvero non c’è limite all’impudenza di questi signori in vetrina: fanno persino gara a chi si mostri più oltranzista. E valga il vero: “un deputato nazionalista ha presentato una legge per aggirare la sentenza” di cui sopra. E ora non ci si stupisca leggendo la movimentazione che segue: “ma Netanyahu l’ha affondata col sostegno di 69 deputati contro 22, dicendo che avrebbe provocato critiche internazionali”. Per evitare le quali (che sono già troppe, a suo non modesto avviso), ha presentato, dunque, “un piano alternativo, che prevede lo spostamento delle case di Ulpana a Beit El”. Naturalmente, alle vittime di queste continue provocazioni non resta che la magra risorsa della protesta sterile: “I palestinesi hanno condannato il piano di ampliare l’insediamento”(ib). Noticina sul servizio (en passant): non è un po’troppo gentile, il Corsera, con il colpevole di questi continui abusi, vale a dire, e ribadire, Israele, il coccolato? Che cosa dovrebbe fare, ancora, il beniamino dell’Occidente inerte, per essere redarguito comm’il faut da un Giudice plurale di vista buona? Cosa mai, se non basta così strafottente nonchalance verso le Autorità supernazionali? Se non indigna tanta protervia nel provocare la mortificazione e l’ira dell’intera comunità araba e quella, più diretta, dei palestinesi in particolare, bersaglio, come sono da decenni e più di mezzo secolo, di questa ingorda soperchieria? E, ripetiamo, merita un vibrato disappunto lo stesso Corsera che non prende una posizione netta e decisa di doverosa condanna verso l’evidente insulto all’intero schieramento mondiale, e occidentale in special modo.

Eppure c’è chi ancora scrive in difesa, e a volte, con toni apologetici, di questo Israele piratesco e insaziabile. Magari fino a capovolgere torti e ragioni delle due parti in conflitto: come fa Pierluigi Battista quando, intervenendo sul contesto arabo-israeliano, autorizza titoli come questo del Corsera  del 17 novembre: Far sentire gli israeliani sotto attacco  La colpevole strategia di Hamas. Si badi: colpevole, non, semmai, azzardata o provocatoria per tanto Bersaglio! Ma, in ogni caso, l’evidenza che parla agli osservatori immuni dal contagio filo-ebraico, è nella semplicità di questa consapevolezza onesta: Hamas si sforza di reagire alle continue provocazioni israeliane, e la sua presunta colpevolezza si scioglie dentro la palese necessità di autodifesa contro un nemico storico sempre più arrogante, ghiotto di territorio e provocatore al limite dell’indecenza: non tanto sua, sostituibile, nel caso, con epiteti più taglienti, ma di questo Occidente lecchino verso una realtà politico-militare viepiù impegnata da oltre mezzo secolo nella sua provocazione sistematica e cronologicamente crescente di anno in anno.

Nel suo servizio, Romano, che ha incontrato in Israele varie persone più o meno significative nella mappa del potere ebraico, elogia la soluzione di un avvocato ebreo americano, Daniel Seidemann, “rincasato” nel territorio israeliano “verso la fine degli anni Cinquanta”, all’età di 22 anni, da perfetto sionista gonfio di gioioso orgoglio. Costui mostra a Romano la mappa, disegnata da lui stesso, dei territori in progress del suo Paese. Il (non più) giovanotto “era un entusiasta sionista quando mise piede nello Stato da poco creato e non ha smesso di esserlo”: evviva la faccia! Pardon, la costanza! Oltre che in  sionismo schietto, il signor Daniel è specializzato “in questioni di contenzioso immobiliare, vale a dire in una materia dietro la quale vi è il più controverso ed esplosivo dei problemi israelo-palestinesi: la proprietà della terra”. Di questa Cisgiordania controversa Seidemann ha disegnato una mappa dove le macchie di colore verde cupo sono le colonie ebraiche e quelle di verde leggero i territori palestinesi: l’impressione che comunica la carta è di una precarietà drammatica che si aspetti altre violenze mosse dalla viepiù chiara e crescente bulimia territoriale ebraica. Insomma, siamo ben lontani da qualsiasi ipotesi di ravvedimento da parte di Netanyahu, e di incivilimento del popolo israeliano.

Pasquale Licciardello

Pasquale Licciardello

Filosofo, saggista, critico letterario, poeta. Già docente di Filosofia, ha collaborato, sin dal suo nascere, a Biologia Culturale, diretta da Gino Raya. Fra le tante testate, cui ha collaborato, ricordiamo La Sicilia (terza pagina), Netum, La Gazzetta di Noto, l’Alba/ArteCulturaSocietà. Di quest’ultima testata è stato giornalista culturale sin dall’anno di nascita: 2005. E’ l’erede culturale per eccellenza di Raya. Della stretta aderenza al Maestro, ricordiamo: Il famismo nella cultura contemporanea, Roma 1974; delle opere letterarie: La grande assenza, Firenze 1993.

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