“Tosca” di Puccini chiude i battenti siciliani a Tindari
STASERA, 4 AGOSTO 2019, ULTIMA TAPPA DELLA SUBLIME OPERA
STASERA, 4 AGOSTO 2019, ULTIMA TAPPA DELLA SUBLIME OPERA
il Coro Lirico Siciliano consegna l’opera a 300 anime, fra artisti e maestranze, che hanno ben onorato l’affido.
Fra di esse, una quadriga trionfale: il regista Alessandro Cecchi Paone, il soprano Svetla Vassileva, il maestro Gianluca Marcianò, il maestro Francesco Costa.
Così anche le amene ‘architetture’ del Teatro Antico di Taormina, usurate dall’indomabile tempo, hanno ospitato, il 30 luglio, Tosca, opera eterna dell’eterno Puccini su pregevoli versi di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica.
La musica (quella sublime però) – ha ragione Platone – «dà un’anima all’universo», «ali al pensiero», «slancio all’immaginazione», «fascino alla tristezza», «impulso alla gioia», «vita a tutte le cose.»
Sulla scia di tanta filosofia pare si sia ritrovato il Coro Lirico Siciliano giocandone le buone carte e consegnando l’opera a circa 300 anime, fra artisti e maestranze, che hanno saputo onorare l’affido. Fra di esse, una quadriga trionfale: il regista Alessandro Cecchi Paone, il soprano bulgaro Svetla Vassileva, il maestro Gianluca Marcianò, il maestro del Cls Francesco Costa.
L’obbiettivo, a sintetizzare Paone (http://www.lalba.info/2019/07/tosca-a-taormina-il-30-luglio-intervista-ad-alessandro-cecchi-paone/) è quello di restituire l’arte e la bellezza dell’opera lirica al popolo. Una rivoluzione, questa del divulgatore-giornalista, a tutto tondo se si pensa che il Melodramma si era affermato nelle corti signorili e che solo dopo qualche decennio è diventato anche patrimonio del popolo; di chi però poteva permettersi un biglietto. Oggi però per il regista è matura la possibilità di portare a teatro la gente tutta; «d’altronde – chiarisce Alessandro – il teatro tratta temi popolari: l’amore, la gelosia, l’invidia, le passioni, la morte, il dolore, il potere, lo scontro, la pace.»
Il regista ha trovato un’ottima spalla nello scenografo Alfredo Troisi, il quale ha saputo esaltare le scene con l’ostensorio nel primo atto e l’angelo nel terzo che però, centralizzato nell’ampio dirocco del fondo scena (quest’ultimo di epoca romana) che svela la bellezza unica della costa ionica, avrebbe dato più effetto all’occhio. Meno espressivo, fino alla forzatura scenografica, il particolare dell’opera Giuditta e Oloferne del Caravaggio. Le luci chiaroscurali di Claudio Mantegna, nel loro gioco di contrasto, avrebbero acceso di più l’immaginazione anche se la decapitazione dello spietato aguzzino Scarpia era stata voluta con scimitarra ubbidendo al dipinto del grande artista milanese.
Tosca ha al centro la struggente e pietosa storia d’amore fra la cantante Floria Tosca e il pittore Mario Cavaradossi, vittime del barone Scarpia che contrasta, per motivi ideologici (lui è il capo della polizia papalina di Pio VII) e per possedere la giovane. Usa così un inganno shakespeariano (ma di genere ribaltato) per suscitare la gelosia nella giovane. La fine sarà terribilmente tragica: Scarpia sarà sgozzato da Floria, Cavaradossi fucilato, la giovane cantante si butta dai bastioni di Castel Sant’Angelo.
Sullo sfondo la reazione di Pio VII dopo la caduta della Repubblica romana instaurata dal giovane generale Napoleone Bonaparte.
Ottimale il risultato del cast con palma a Svetla Vassileva (Floria Tosca), sempre convincente sia nei gesti aggraziati che nelle gamme canore, le quali toccano il culmine nella pietosa aria «Vissi d’arte, vissi d’amore, non feci mai male ad anima viva!» che strappa applausi a spella mani lasciando i cuori infranti. Non sempre vigoroso e fluido Marcello Giordani (Mario Cavaradossi) che, qualche volta, scende giù di tono, arranca e ne guasta lo sforzo canoro. Buona invece la tenuta di scena, anche dal punto di vista attoriale, del baritono Nebojša Babić (in sostituzione di Alberto Mastromarino) nel ruolo di Scarpia.
Lodevoli anche le altre voci: Sinan Yan (Angelotti), Claudio Levantino (il sagrestano, Sciarrone, un carceriere), Francesco Congiu (Spoletta) e Adonà Mamo (un pastore).
Eloquente la bacchetta del maestro Gianluca Marcianò. Peccato però che l’orchestra sovrastava spesso il canto lirico che probabilmente non era microfonato; cosa buona quest’ultimo, ma nei teatri chiusi e non all’aperto, dove l’acustica non può rispondere alle richieste dell’orecchio.
Sono del parere che la lirica debba tralasciare la magia, la bellezza ed ogni altra suggestione dei teatri all’aperto (o di pietra come è di moda definirli); il suo vero tempio sono i buoni teatri chiusi come il nostro Massimo Bellini di Catania!
Eccellente il “Coro Lirico Siciliano” del maestro Francesco Costa e del presidente Alberto Maria Munafò, affiancato dal “Coro di voci bianche” di Taormina diretto da Ivan Lo Giudice che toccano il massimo interpretativo nel Te Deum che chiude, con vertice scenografico, il primo atto.
Stasera, 4 agosto, Tosca guadagnerà il Teatro greco di Tindari (ME).
Pino Pesce
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Dom, Ago 4, 2019
Spettacolo