“Tosca” di Puccini al Teatro greco di Siracusa
IL PUBBLICO FELICE AL CHIARO DI LUNA E DELLE STELLE LIBERA UNA LUNGO APPLAUSO!
Magici scenari inaugurano la prima di tre rappresentazioni che seguiranno a Taormina e a Tindari.
Felice e soddisfatto Cecchi Paone, condottiero di oltre duecento figure professionali che hanno dato gioia ad un pubblico eterogeneo desideroso d’arte e di bellezza
Più che meritato il successo che conferma l’ambizioso progetto voluto dal Coro lirico siciliano, ambasciatore di Vincenzo Bellini e del bel canto nel mondo, e dal suo presidente Alberto Maria Antonio Munafò: portare i grandi nomi della lirica internazionale negli scenari più spettacolari e suggestivi della Sicilia: i teatri di pietra.
Così, dopo un’assenza di cinque anni, Siracusa apre i suoi magici scenari ed inaugura la prima di tre rappresentazioni che si terranno a Taormina e Tindari, per proseguire con un calendario più articolato e che si concluderà il 14 settembre con Monsignor Frisina a dirigere Nigra Sum, un omaggio fra canto e danza alla Vergine Nera di Tindari. .
Una rassegna che, molto sapientemente organizzata, raccorda, in un circuito virtuoso fra i tre teatri, azioni condivise e valorizzazione di talenti locali.
Magica la serata, col suo chiaro di luna, le stelle e una brezza leggera che accarezza la mise elegante di un pubblico numeroso e vario, ma visibilmente felice di vivere l’incanto e il privilegio di trovarsi nel teatro antico di Siracusa, culla in cui architettura e storia si consacrano all’arte tutta.
Ed è Tosca, amatissima tra le amate di Puccini, ad aprire le danze. Il cast è d’eccellenza, e ne dà prova, specialmente quando, mancando la piena forma di Cavaradossi (il tenore Marcello Giordani) e di Scarpia (il baritono Alberto Mastromarino), è l’eccellente tecnica posseduta, a venire in aiuto ai due artisti, consentendo loro di andare fino in fondo alla recita e all’interpretazione nonostante segni visibili di qualche lieve laringite che, loro malgrado, spogliava di vibranti armonici la loro bella ed amata voce. Questo è vero professionismo! Regina indiscussa della serata in ogni caso è Tosca (Svetla Vassileva, soprano bulgaro), straordinariamente espressiva nell’azione scenica, semanticamente eloquente nella gestualità, ora nella gelosia e nell’ansia, ora nella speranza e nel dolore; intensità che trovavano poi nel suo timbro vocale e nella potenza canora, una corrispondenza piena, perfetta, di cui il pubblico ha davvero goduto. Interessanti anche le altre voci che nella loro specificità mantengono alto il profilo della recita tutta: Sinan Yan (Angelotti), Claudio Levatino (il sagrestano, Sciarrone, un carceriere), Francesco Congiu, (Spoletta), e Adonà Mamo, (un pastore), interessante e raffinato cantante siciliano, dall’insolita voce di soprano.
Sul podio, Gianluca Marcianò dirige la sua orchestra con estrema dignità, fronteggiando, insieme a tutti gli artisti, le difficoltà che pone un’esecuzione all’aperto, laddove le incognite acustiche fanno i conti con tutti gli elementi atmosferici, l’assenza di volte e le variabili della densità di pubblico. Certo, il coro, diretto abilmente da Francesco Costa, per ovvie ragioni legate alla diversità dell’ensamble, ha vissuto meno ansiosamente la ricerca di equilibri sonori, riuscendo con successo a realizzare un emozionante e potente Te Deum, incorniciato in una splendida coreografia che vedeva stagliarsi al centro della scena, un meraviglioso ostensorio, che ha connotato il carattere religioso e sentimentale del primo tempo.
Il secondo tempo, purtroppo stenta all’inizio a decollare e sembra indugiare un po’ troppo dando la sensazione che anche il tempo sia rallentato, ma si riprende vigorosamente vibrando in un inseguimento di note e gestualità, duellanti tra Scarpia e Tosca, che freneticamente restituisce al suo pubblico un tormento e un’ansia angosciosa, che ben preparano, dopo l’atteso e applauditissimo vissi d’arte, al culmine delle emozioni che si tradurranno nell’uccisione di Scarpia per mano di Floria. E qui, la regia di Cecchi Paone, pone una provocazione che, a parere di chi scrive può essere più che legittima e che può dar buona lettura del gesto efferato di una donna che, sedicente pia, devota, buona, religiosissima, non ricusa di uccidere in modo spietato, quando il male s’impone sul bene. Ma ecco che la trovata interessante di sostituire l’ostensorio in fondo alla scena del primo tempo, con una gigantografia di Giuditta ed Oloferne, viene a chiarire la lettura che il regista liberamente ne vuol dare, accostando la eroina biblica con Tosca, ed Oloferne con Scarpia, davanti a cui tremava tutta Roma. A confermare tale lettura, sopraggiunge il gesto eclatante di Tosca, non contemplato nel libretto, di tagliar la gola con una lama diversa dal pugnale precedentemente usato per trafiggerlo sul petto, era infatti una scimitarra. Nel progetto di Cecchi Paone dunque, l’incoerenza di fede religiosa, trova un escamotage interpretativo che consegna Tosca ad un giudizio meno severo e anche un po’ più “politico” forse, per cui il dramma smette di essere personale per diventare più cosmico, e il delitto non una rabbiosa vendetta ma quasi un atto di giustizia a beneficio di un popolo. Il terzo tempo và da solo e concita il pubblico nell’attesa di e lucevan le stelle applauditissima e ancor di più nella condivisione di quel gesto che seppur di finzione reca in sé un tragicità estrema, resa efficace da questa angoscia eterna pare.
Cambia la scena del terzo tempo e a stagliarsi al centro, un bellissimo angelo a definire il luogo dove la storia risorgimentale ha lasciato cruenti segni di contraddizione: Castel Sant’Angelo.
Un applauso lunghissimo ha segnato il successo di questo evento che, seppur marchiato da qualche imperfezione, tra cui anche l’esagerata dilatazione dei tempi tra una scena e l’altra, ha meritato la sua scommessa, sia dal punto di vista degli artisti tutti e i collaboratori dietro le quinte, sia per gli elementi eloquenti della regia, i quali hanno contribuito ad una riflessione anche contenutistica oltre che sentimentale. I teatri di pietra, nelle cornici paesaggistiche siciliane, non hanno confronti e brillano anche le eccellenze di questa terra, quando trovano spazio e modo di pensare e partorire il bello. Felice e soddisfatto Cecchi Paone, condottiero di oltre duecento figure professionali che ben guidate, hanno dato gioia ad un pubblico che, seppur eterogeneo, mostra di aver fame di arte e bellezza.
Norma Viscusi
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Mer, Lug 17, 2019
Spettacolo, Teatro