“La Straniera” di Bellini al Teatro Massimo di Catania
Evidente segnale di risveglio culturale della città etnea
La Straniera di Vincenzo Bellini inaugura la stagione lirico-concertistica del Teatro Massimo “Bellini” di Catania.
Brillante Daniela Schillaci (Alaìde) con la sua voce armoniosa, piena ed omogenea. Intensa e passionale, con la grazia che le è propria, ha catalizzato, l’attenzione del pubblico in un crescendo continuo di trepida attesa, sfociato nella drammaticità della disperazione estrema dell’aria finale.
La stagione lirico-concertistica del Teatro Massimo di Catania è stata inaugurata da La Straniera di Vincenzo Bellini, nell’edizione, che ha debuttato in prima mondiale, curata dal Maestro Uvetta e promossa dall’Ente lirico medesimo e dalla Casa discografica Ricordi.
L’opera, in due Atti, scritta nel 1829 da un ancora non trentenne Bellini, nel corso del tempo, era stata rivisitata più volte, fino quasi a snaturarne il significato originale, oggi riportato al meritato splendore grazie all’opera minuziosa di ripulitura, frutto di un attento studio filologico.
Negli scorsi anni, si era già provveduto ad intraprendere tale lavoro su I Capuleti e i Montecchi, La sonnambula, I puritani e le raccolte di musica strumentale e di musica vocale da camera.
La rappresentazione catanese, curata dal regista Andrea Cigni, per le scenografie di Dario Gessati e i costumi di Tommaso Lagattolla, ha prodotto un risultato d’insieme soddisfacente ma non ancora pienamente maturo. L’Orchestra è stata diretta da Sebastiano Rolli, il Coro del teatro da Ross Craigmile.
Fra gli interpreti principali, la brillante Daniela Schillaci, nel ruolo di Alaide, che – nonostante la bronchite che l’ha costretta a non esibirsi alla prima e in altre repliche – con la sua voce armoniosa, piena, omogenea, e con la grazia che le è propria, è riuscita a dar anima alla protagonista. Intensa e passionale, dotata di un ragguardevole range di estensione vocale e di grande presenza scenica, la soprano originaria del catanese, ha catalizzato l’attenzione del pubblico in un crescendo continuo di trepida attesa, sfociato nella drammaticità della disperazione estrema dell’aria finale. Con lei, sul palco, apprezzabili, il tenore Emanuele D’ Aguanno, nelle vesti di Arturo, il baritono Enrico Marrucci, barone di Valdeburgo, il mezzosoprano Sonia Fortunato, in sostituzione di Gabriella Colecchia, nel ruolo di Isoletta.
La folta presenza di pubblico, la trasversalità per età, il coinvolgimento degli studenti dell’Accademia delle Belle Arti di Catania nella creazione dell’identità visiva dell’appena iniziata stagione teatrale, sembrerebbero essere segnali evidenti di quel risveglio culturale della città, che da anni ormai ci auguriamo.
TRAMA: Il melodramma, tratto dal romanzo di Ch. P. d’Arlincourt, L’Étrangère del 1825, è ambientato nella Bretagna del XIV secolo, presso il castello di Montolino e i suoi dintorni, e narra della drammatica sorte di Agnese di Merania, sposa ripudiata, per ordine papale, dal Re Filippo II Augusto. A tale matrimonio, Agnese, era arrivata per via della promessa ricevuta da un cortigiano del Duca di Pomerania, di farle sposare il re di Francia, se solo gli avesse fatto pervenire una ciocca di capelli, un suo ritratto e un anello. A seguito del ripudio di Isanberga, principessa di Danimarca, e delle nuove nozze, il sovrano, colpito da anatema, si riprende la legittima consorte e bandisce Agnese, che pure amava, relegandola in un castello di Bretagna. Il fratello di lei, Leopoldo, sotto il falso nome di barone di Valdeburgo, la veglia, ma Agnese riesce a fuggire da quel ricovero, ritirandosi, col volto coperto e sotto lo sguardo superstizioso degli abitanti, in una campagna solitaria presso il lago di Montolino. E’ lì che incontra il conte Arturo di Ravenstel, fidanzato con Isoletta, figlia del signore di Montolino, il quale innamoratosene perdutamente, decide di sposarla. Valdeburgo, incontrato l’amico, lo rimprovera di trascurare la fidanzata per una donna indegna ma, mosso dalle richieste di quest’ultimo, accetta di incontrare Alaide di persona, per convincersi dell’infondatezza della cattiva fama che la circonda. I due fratelli si riconoscono ma tacciono la verità al conte di Ravenstel, il quale, davanti alla loro confidenza, si ingelosce, fino ad arrivare a sfidare a duello il rivale e farlo precipitare nel lago. A quel punto, la Straniera, disperata, gli rivela che Valdeburgo era in realtà suo fratello. Iniziato il processo contro Arturo e Alaide, accusati di omicidio, a sorpresa, si ripresenta Valdeburgo, fortunatamente rimasto vivo, per testimoniarne l’innocenza. In cambio della promessa di Arturo di convolare a nozze con Isoletta, il fratello di Agnese lo perdona. Le nozze vengono approntate, ma Arturo si pente sull’altare e scappa da Alaide.
Il priore, riconosciutala come Regina, ora legittima consorte di Filippo Augusto, per la sopravvenuta morte di Isemberga, le si inginocchia ai piedi. Arturo, consapevole della verità e incapace di vivere senza lei, si toglie la vita.
Claudia Barcellona
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Lun, Feb 13, 2017
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