“Il mio Dio è Nero” di Nicoletta Bona
L’esistenza difficile di un’artista che vive ai bordi della società
Grande apprezzamento per Il mio Dio è Nero di Nicoletta Bona (Aulino Editore), presentato il 13 gennaio a Biancavilla nei locali del Circolo “Castriota”, fiore all’occhiello della città e luogo privilegiato di fermento culturale.
Durante la serata, allietata dalla voce narrante dell’attrice Agata Longo e dai brani musicali interpretati dal pianista Davide Motta e dalla soprano Margherita Aiello, sono intervenuti, insieme all’autrice, l’avv. Claudia Barcellona, Presidente Nazionale Siedas (Società Italiana Esperti in Diritto delle Arti e dello Spettacolo), e il prof. Pino Pesce, Direttore del periodico l’Alba.
L’opera prima della Bona ha al centro l’esistenza difficile di un’artista, la giovane Sara, che vive ai margini della società e della «vita usuraia» fino a quando, imprevedibilmente, non le arriva la risalita dal fondo e il meritato riscatto.
Per il prof. Pesce si tratta di un «romanzo realistico» dalla struttura «scorrevole» ed «elegante», ricco di riferimenti sociali attuali, che riconduce alla letteratura bohémien di metà Ottocento a risalire, con la scapigliatura italiana, fino agli anni ’70/’80. I principi sani e i valori universali rivestono però il racconto di «ottimismo» e «speranza». E appropriatamente la Presidente di Siedas parla di «immersione profonda» dentro la vita di una giovane pittrice che trova nell’arte la salvezza da un’esistenza grama, l’alito incontaminato che riuscirà a guidarla, come cometa, verso la realizzazione del sé.
E’ la storia di un viaggio catartico, Il mio Dio è nero, un’occasione per il lettore d’immedesimarsi nell’opera evolutiva della protagonista e riflettere sui propri demoni interiori, sulle zone buie della propria esistenza per, infine, provare, anch’egli, come Sara, a confrontarsi con la realtà della propria storia e a desatellizzarsi da ciò che gli impedisce il quieto vivere.
E’ questo libro un’osanna alla forza che viene da dentro, dal basso; una celebrazione alla vita, che vuole vivere nonostante ogni difficoltà e rifiuto, «simile alle foglie che restano caparbiamente attaccate al ramo, nonostante il tronco si rifiuti di nutrirle, conservando per sé gli ultimi, flebili raggi autunnali», riportando le parole del romanzo che l’Autrice, al Castriota, amplia con esempi tratti dalla nostra attualità.
E’ un Dio anticonvenzionale, quello della Bona, è un Dio che si spoglia dai colori e fogge patinate, «è un Dio che – come ha evidenziato la Barcellona – scende dai fasti degli altari e che si mescola al nero della quotidianità difficile delle esistenze a margine, è un Dio che non ha bisogno di essere custodito, e rifiuta l’ipocrisia e il lusso di certa ecclesia, perché è lui che custodisce e che dona lusso, quello della piena accettazione di se stessi e degli altri».
Ed è il Dio che si fa soffio e respiro nell’arte, affidandole il ruolo di condurre alla bellezza, quella che durante la lettura abbiamo intravisto e che speriamo la Bona ci regali ancora con la sua prossima produzione letteraria, già in lavorazione.
Santy Caruso
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Lun, Feb 6, 2017
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