“Rosa Balistreri/ A memoria di una Voce” di Pino Pesce
Standing ovation per una rappresentazione teatrale multimediale recitata, cantata e ballata
Ci riprova ancora, Pino Pesce, ad intrattenere il pubblico in veste di regista, sceneggiatore e di riscrittore del testo di Giuseppe Cantavenere: Rosa Balistreri/ Una grande cantante folk racconta la sua vita.
Dopo il successo de L’uomo dal fiore in bocca, l’eclettico direttore del periodico l’Alba punta ancora sulla Sicilia.
Quannu moru faciti ca non moru… Non può non raccogliere il monito, il prof. Pesce, e diffonderlo alle centinaia di persone presenti domenica 27 novembre al Teatro Nelson Mandela di Misterbianco per Rosa Balistreri/ A memoria di una Voce dietro volontà dell’Amministrazione Nino Di Guardo e con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura e dell’Istituto Comprensivo “Leonardo da Vinci” di Misterbianco.
E il risultato è una standing ovation sorprendente e per nulla scontata.
Non è affatto facile, in un periodo in cui l’amatissima Rosa viene raccontata da più parti e più voci, rappresentarla ancora e ancora febbricitare il pubblico.
Quasi tre ore di performance multimediale, che incalza a pieno ritmo senza mai stancare; un susseguirsi di recitato, cantato, ballato, ricco di effetti speciali e intermezzi video.
Un lavoro di fine cesellatura che consegna allo spettatore uno spaccato di vita siciliana da interpretare a diversi livelli.
Il testo della sceneggiatura riprende in larga parte le memorie confidate dalla Cantattrice, durante un’intervista condotta qualche mese prima della sua morte, all’avvocato e scrittore Giuseppe Cantavenere, nei cui confronti il regista mottese nutre grande stima e al quale, con la messa in scena, ha voluto tributare il suo plauso e ringraziamento per aver consegnato alla collettività quello che ben può definirsi il testamento di Rosa.
Affiatatissimo il cast – senza il quale, ci tiene a precisare Pino Pesce, non sarebbe stato possibile ottenere alcun risultato – composto da Giusy Schilirò, protagonista, già Vincitrice del Premio Rosa Balistreri 2015; Felice Rindone, nelle vesti di narratore-cantastorie; Tano Parisi, il biografo; Francesca Busacca, nipote del grande Cicciu Busacca, nei panni di Rusidda da giovane; Tony Pasqua, il soldato americano con cui la Balistreri ebbe una storia d’amore; Valeria Centamore, nel ruolo della sorella; Marco Zimmile, polistrumentista; Vito Germenà, violinista; Bayeoumy Mbaye, percussionista; il corpo di ballo del Centro Danza “Azzurra” di Belpasso diretto dal coreografo Alfio Barbagallo; Alfredo Caccamo, disegnatore del cartellone in 16 quadri che riporta la vita della Cantattrice; Andrea Ardizzone ed Enza La Giusa, videomakers; Enrico Di Grazia, tecnico audio.
L’opera mirabile del regista e sceneggiatore sta nell’aver cucito gli spezzoni di vita della Balistreri con riscontri storici dell’epoca; apprezzabilissimo, in tal senso, il rimando al documentario video dello sbarco anglo americano dell’estate del ’43 a Licata, sulle cui immagini una talentuosa Giusy Schilirò dà voce ai ricordi di Rusidda a licatisi.
Non è solo il racconto della vita travagliata di una donna vittima della fame e delle violenze, quello del prof. Pesce è il racconto di una quotidianità impietosa di migliaia di donne e famiglie siciliane.
«Ogni volta che cercheremo le parole, i suoni sepolti nel profondo della nostra memoria, quando vorremo rileggere una pagina vera della nostra memoria, sarà la voce di Rosa che ritornerà a imporsi con la sua ferma disperazione, la sua tragica dolcezza …» – diceva Buttitta, che per lei scrisse diversi testi – ed è esattamente questa la Voce che Pino Pesce sente e segue avvicinandosi alla condizione delle classi meno abbienti dello scorso secolo.
E’ la Voce della disperazione, della stanchezza, dell’impotenza, delle continue prevaricazioni ed umiliazioni, è la Voce ancestrale della Terra che, seppur ricca di frutti, sottostà alla mano arida di chi se ne crede padrone e trattiene più del dovuto per sé. Ma è anche la Voce di una Sicilia che si incarna in una piccola donna coraggiosa e fiera che vince la paura, che decide di infrangere barriere e denunciare le sopraffazioni, le sporcizie degli inciuci fra Mafia e parrini, che spezza il Karma antichissimo di tutta una catena di donne siciliane che sono state considerate “roba” dell’uomo e che non hanno potuto rivendicare un ruolo e un’esistenza propria.
E’ questa Sicilia che il regista racconta, quasi a volerla risanare, puntandole i riflettori addosso.
E’ la Sicilia delle sconfitte ingiuste e delle vittorie che il retrogusto dell’ingiustizia non lo tralasciano mai, del riscatto che non è mai riscatto pieno.
Come la figura di Rosa, che, nonostante i riconoscimenti da ogni parte del mondo, non brilla ancora come dovrebbe nella sua terra.
E’ la Sicilia della bellezza eterna e struggente, quella che ti profuma il cuore e che ti annoda le viscere; quella dalla quale, anche volendo, è impossibile separarsi; quella dal sole aspro e sempre dorato di speranza, dell’amore che riesce a coprire il male, nonostante tutto.
E’ la Sicilia contraddittoria de Lu Verbu lu sacciu e lu Verbu haiu a diri. Lu Verbu ‘ncarni di nostru Signuri. Supra un troncu di Cruci appi a muriri pi sarvari a nui piccaturi…, la preghiera che il padre di Rosa, benché violento e senza tanta simpatia per la Chiesa, imponeva alla famiglia di recitare in ginocchio nelle tempestose serate di lampi e tuoni per scongiurare pericoli. Ne sottolineo la suggestiva e applauditissima chiusura del primo atto con un video che descrive appunto la tempestosa serata.
E’ la Sicilia che Pino Pesce ha dimostrato ancora una volta di saper raccontare magistralmente; è la Sicilia che speriamo ci racconti ancora con nuove virtuose imprese teatrali.
Claudia Barcellona
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Gio, Gen 12, 2017
Eventi, Spettacolo