Ci lascia Zygmunt Bauman
Filosofo e sociologo dell’era post-ideologica
Addio a Zygmunt Bauman, traghettatore del pensiero sociologico nell’era del post-ideologismo. L’illustre sociologo e filosofo si è spento all’età di 91 nella sua casa di Leeds. Di origine ebraiche, nato a Poznan nel 1925, fuggì nella zona di influenza sovietica dopo l’arrivo dei contingenti nazisti, diventando comunista ed unendosi alle unità militari russe. Dopo la seconda guerra mondiale, cominciò a studiare sociologia all’Università di Varsavia e progressivamente, sul finire degli anni ’50, abbandonò le sue posizioni marxiste-leniniste per avvicinarsi alle teorie di George Simmel, grande padre della sociologia insieme a Durkheim e Weber. Dopo aver insegnato all’Università di Tel Aviv, nel 1971 è diventato professore ordinario di sociologia all’Università di Leeds, carica che ha ricoperto ininterrottamente fino al 1990. Nel 2015 è stato insignito della laurea Honoris Casua in Lettere moderne all’Università del Salento. Pensatore di levatura internazionale, ha costruito la sua fama sulle correlazioni tra totalitarismi e gli aspetti culturali e sociali della modernità, contraddistinguendosi per le sue battaglie al negazionismo sull’Olocausto compiuto dai nazisti, fronteggiando a pugno duro il tema dell’antisemitismo e ribadendo la necessità di una conservazione della memoria storica. Fortemente contrario ad una società di tipo capitalistico, ha evidenziato nelle sue opere e pubblicazioni il problema sostanziale della società consumistica, piena di “rifiuti sociali”, figli di una globalizzazione selvaggia che ha portato progressivamente la società ad un impoverimento morale, alienando l’individuo al semplice ruolo di consumatore, stereotipando nella maggior parte dei casi esigenze inesistenti. Il concetto di “rifiuti” viene applicato anche agli esseri umani, perché, come sostiene Bauman in “Vite di scarto”, “il tipo di organizzazione sociale odierna considera proprio in questo modo gli uomini che non possono più essere impiegati in alcun modo nell’ambito produttivo. Naturalmente per ambito produttivo si intende anche il consumo, perché l’essere umano più pregiato è quello che può anche consumare e, quindi, girare la ruota della produzione”. Nell’ultimo periodo della sua esistenza oltretutto, ha criticato aspramente il ruolo dei social network come Facebook dove, secondo il sociologo, “Usando Facebook o Twitter mi metto in una cassa di risonanza, aspettandomi che tutti mi diano ragione. E’ una sorta di stanza degli specchi in cui non ci si confronta, non ci si espone realmente al dialogo che, invece, presuppone che io voglia espormi a qualcuno che la pensa in modo diverso, correndo anche il rischio di avere torto”; “Zuckerberg si è adagiato lucrando sulla paura, la solitudine e l’alienazione sociale” uno dei suoi ultimi acuti. Una società in preda ad una “omogeneizzazione” della morale, dove si tende ad omologare le coscienze degli individui ed inconsapevolmente si costruisce una onestà intellettuale fittizia, fuorviante. Insieme alla convinzione che il disaccordo è sinonimo di inventiva, ingegno, creatività. In una sola parola: umanità. E’ questo il messaggio principale che ci lascia Zygmunt. “Penso che la cosa più eccitante, creativa e fiduciosa nell’azione umana sia precisamente il disaccordo, lo scontro tra diverse opinioni, tra diverse visioni del giusto, dell’ingiusto, e così via. Nell’idea dell’armonia e del consenso universale, c’è un odore davvero spiacevole di tendenze totalitarie, rendere tutti uniformi, rendere tutti uguali”.
Giovanni Frazzetto
Mer, Gen 11, 2017
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