“Tàn tàn tàn”, l’anima rock dalle sfumature noir
Chiacchierata con Francesco Foti
É il ritorno di Francesco Foti nel panorama musicale. Con Tàn tàn tàn, suo nuovo singolo dall’anima rock e dalle sfumature noir, uscito lo scorso 4 marzo, corredato dal Videoclip ufficiale e che ha totalizzato oltre 56.000 visualizzazioni certificate su youtube, il cantautore catanese si riafferma come sensibile indagatore della realtà. Lo aveva già fatto nel 2013 con L’uomo nero, brano che con delicatezza estrema affrontava il difficile tema della pedofilia. Stavolta propone una canzone dal tono brioso,che serve tuttavia ad alleggerire la denuncia contenuta nel brano. “Il male infido” del nostro tempo, dall’avvelenamento del pianeta alle malattie vere e proprie che rendono l’uomo schiavo delle cure, dei farmaci e, quindi, del proprio organismo, sono i temi trattati e scanditi dal Tàn tàn tàn che non è semplicemente un ritornello onomatopeico. É, in realtà, il suono per sconfiggere il male, ripulendolo della sua pesantezza. Un’arma d’ironia che destabilizza e annienta il brutto e il dolore. Un mantra che allontana il male e rende l’uomo “persona”, capace di reagire e vincere.
Come è nato il tuo nuovo singolo Tàn tàn tàn?
«Sembra la domanda più facile a cui rispondere, ma in realtà è la più difficile. Raccoglie una lunga storia della quale posso dire in primis ciò che per me il cantautore, ossia un particolare narratore. Deve osservare e sentire la realtà attorno a lui per raccontarla attraverso la sua arte. In buona sostanza, deve avere un ruolo sociale. Non a caso anche il mio singolo d’esordio,L’uomo nero,è nato sempre dall’urgenza di porre l’attenzione sulla drammaticità una ninna nanna di speranza per molti bambini. Su questa scia, seppur con le dovute diversità, si è imposta l’esigenza di far fuori qualcosa di nuovo, a distanza di tempo, non per mancanza di canzoni, perché ne ho scritte più di un centinaio, ma per le difficoltà che spesso si incontrano nel mondo della musica. Posso affermare che novità è senza dubbio stilistica e Tàn tàn tàn rappresenta sicuramente la svolta in tal senso. Ho sempre voluto esprimere un lato della mia anima più dark e rock e il nuovo brano ben si presta a far emergere questa attitudine, nonché a contenerla».
Da quale analisi sociale sei stato ispirato per il tuo nuovo singolo?
«Con Tàn tàn tàn ho voluto affrontare un tema attuale e molto forte: i mali e le malattie, in generale e nello specifico, e Tàn tàn tàn è il suono scelto per esorcizzarle e, al contempo, per imprimere un nuovo ritmo a qualcosa di terribile, deprivandolo del suo potere negativo per combatterlo e vincere. Diverse sono le domande che mi hanno spinto a pensare e scrivere questo pezzo. Perché ci ammaliamo? Cosa perde l’uomo? Sicuramente l’equilibrio col suo organismo, l’omeostasi e la sua interezza. Tante sono le cause dell’allontanamento tra essere umano e il suo interno, dal cibo all’aria che respiriamo, fino ai campi elettromagnetici. Gli stessi farmaci che da un lato ci curano, dall’altro presentano sempre quel rapporto medico-farmaceutico del rischio/beneficio; per cui la persona sovente diventa un numero dell’industria farmaceutica. Attraverso il nuovo brano, il mio intento, è infatti, prendere in giro la malattia, fuorviarla per evitare che si avvicini e che perda il suo nutrimento senza il contatto con l’uomo».
Cosa significa produrre e lanciare un singolo?
«Dovendo organizzare tutto io, sia in termini di produzione che di campagna di lancio, ho pensato che fosse importante avere un video. Ed è qui che entrano in gioco altri artisti, primo fra tutti il regista, Vladimir Di Prima. Lunghe sono state le discussioni sulla progettazione e alla fine abbiamo trovato un punto di equilibrio fra il messaggio che volevo venisse fuori e la forma espressiva per immagini. Abbiamo così, dato alla luce unvideoclip ricca di simbologie, dal palloncino rosso alla lacrima nera, alla rappresentazione del Tàn tàn tàn, interpretato dall’attore Giuseppe Cavallaro che dà una spinta fondamentale al video. Incarna, infatti, il male che vuole toccarmi e opprimermi, ma non ci riesce. Rappresenta quel male cinico a cui spesso si è destinati, quando si è privati della propria libertà, quando il corpo diventa una prigione. Nell’incedere del video, però, il tono non è mai pesante, a dispetto del tema affrontato, per evitare un’atmosfera troppo cupa ma sempre nel rispetto di chi lotta contro mali e malattie. Un incoraggiamento a non arrendersi».
M. Gabriella Puglisi
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Lun, Mag 9, 2016
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