“La badante” di Matteo Collura a Trecastagni
Curiosità tra il pubblico che segue attento il racconto di emozioni spesso trascurate nella vita
Nell’incantevole scenario del largo Abate Ferrara di Trecastagni, città che esprime la sua vocazione d’arte come in tanta letteratura si riscontra, da Verga a Patti a Pitrè, è stato presentato l’ultimo libro dello scrittore Matteo Collura: La badante (Longanesi). Il titolo rimanda immediatamente ad una realtà contemporanea, alla condizione attuale di specifiche dinamiche famigliari. Ma non solo. Racconta tutto un mondo di emozioni trascurato, non preso in considerazione: quello della vecchiaia, età alla quale viene attribuita solitamente la stanchezza dei sensi, la lentezza della fantasia, la finitudine del sentire in linea con una fragilità del corpo ormai evidente.
C’è curiosità tra il pubblico che segue attento e si percepisce la relazione fra cultura, gente e autore. Un incontro che diventa evento, grazie alla riuscita organizzazione del periodico l’Alba e dell’Assessorato alla Cultura.
Ai saluti del sindaco, Giovanni Barbagallo e dell’Assessore alla Cultura Marilena Donzuso, che hanno sottolineato l’importanza della cultura come collante tra abitanti e territorio, è seguita una serata di intense note. A cominciare dalla chitarra classica di Daniele Ferlito, musicista di chiara fama, che incanta e ferma l’attenzione e il pensiero, per arrivare alla voce e all’interpretazione di Mario Opinato, attore di talento e pluripremiato, il quale ha interpretato con maestria alcuni brani del romanzo.
Presenta con innata eleganza Norma Viscusi, editorialista de l’Alba che, attraverso esempi della vita reale, conduce verso la descrizione del protagonista: l’ottantacinquenne Italo Gorini, uomo di cultura (era stato docente universitario di Letteratura italiana), «attorno al quale si tesse una cornice femminile: una badante, una donna di servizio e la sorella Maddalena dimostrano che i ruoli fanno i legami». Un uomo simbolicamente rappresentato in un quadro, Pollice verso di Jean Léon Gérome, rappresenta lo spazio temporale «non inerte» che intercorre prima della condanna del gladiatore. Così è il prof. Gorini nel celare i segni del decadimento fisico. Usa la sedia a rotelle nonostante possa ancora camminare per non assistere al suo zoppicare. Allo stesso modo usa i guanti per coprire le dita deformate. Non vuole vedersi avversato nel corpo come non lo è nel cuore e nell’immaginazione.
«È un dramma la senescenza», nel suo cosmo di sensazioni, perché resta incompresa, quasi invisibile agli occhi degli altri, come sottolinea Pino Pesce, direttore del periodico l’Alba. Ed è a quest’età della vita che si valutano le illusioni, «le larve» che cercano di mascherare il niente della vita, secondo l’esistenzialismo assoluto di Cioran che il Direttore del’Alba spiega, poi, con le tinte materialistiche del Foscolo e la vita come solitudine di cui ne è emblema La morte di Ivan Il’ic di Tolstoj. E non mancano le influenze manzoniane in questo ritorno al romanzo di Matteo Collura, come Pesce fa notare, anche se dalla narrativa in effetti lo scrittore agrigentino non si è mai del tutto allontanato. In questo caso l’autore spiega che si tratta di un «lavoro di fantasia che pesca dalla realtà», un’indagine su un tema dove non c’è quasi per nulla letteratura «Non c’è un romanzo attuale sul vecchio». Seppure esiste Senilità di Italo Svevo, in realtà il protagonista è un quarantenne. Così come è rintracciabile «tanta letteratura che educa alla vita, (Flaubert docet) ma non alla vecchiaia». La badante vuole proprio essere un romanzo di riflessione, ma anche di formazione. Educa all’approccio con l’ultima stagione dell’esistere, dove si comprende, forse troppo tardi che nelle scelte fondamentali dovrebbe essere non la mente, bensì il cuore a guidare. Cuore come sede del più autentico sentire. Italo Gorini lo sa adesso, ultraottantenne; e sa anche che con lui finisce uno stile di vita e che forse non è più adatto a questo mondo. Ma il volume educa altresì al ruolo delle badanti; o meglio ad una considerazione sociale diversa da quella che gli si conferisce. Sovente considerate protesi o stampelle della società, queste donne, nel lavoro di Collura vengono mostrate invece con tutto il loro portato esistenziale ed umano. Una particolare sensibilità e attenzione, quindi, dell’autore per ciò che è persona. Ed è palpabile, nel romanzo, che, nonostante la complessità dei temi trattati, non vi è tristezza in questo libro; anzi si respira un’allegria interna alla narrazione che dà soffio alle parole sulla pagina, rendendole vive.
M. Gabriella Puglisi
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Gio, Ott 1, 2015
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