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Convegno “Dai cantori medievali al teatro” a Paternò

Lun, Mag 4, 2015

Informazione

Canti e cunti, narrazione e recitazione, danza e mimica fino al 4 ottobre prossimo

Paternò è una delle città siciliane che conserva un patrimonio architettonico medievale alquanto significativo, allocato quasi esclusivamente sulla collina e rappresentante un complesso quasi per niente contaminato. Se, poi, a ciò si aggiunge che sono stati paternesi alcuni dei più famosi cantastorie come Ciccio Rinzinu, Orazio Strano, Turiddu Bella, Vito Santangelo, Pietro Parisi, Paolo Garofalo, con in testa quello che forse è stato il più famoso, Cicciu Busacca – che lavorò, tra gli altri, con Dario Fo – si capisce perché non è un caso se proprio qui, al Palazzo delle Arti, a mezza collina, [il 10 aprile 2015] si è svolto il convegno Dai cantori medievali al teatro che apre le attività (laboratori, incontri, spettacoli, mostre) de Il posto dei racconti. Un complesso di eventi che coniuga la memoria medievale con la narrazione.

L’intera iniziativa, promossa dal Comune di Paternò con la collaborazione dell’Università di Catania e della Pro-loco, è nata per volontà di alcuni giovani artisti de “La casa del cantastorie”, con in testa Giovanni Calcagno, Eleonora Bordonaro, Salvatore Ragusa e Librante Costa, che insieme a Mimmo Cuticchio condurranno anche i laboratori .

La manifestazione, alla presenza del sindaco Mauro Mangano («Ogni comunità ha bisogno di raccontarsi; perciò, abbiamo promosso un progetto che si spera che faccia riscoprire a Paternò la narrazione e consenta la ricostruzione della propria identità»), è stata aperta dall’assessore alla Cultura Valentina Campisano e coordinata da Muriel Travaillard del Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Catania; quindi, Gioacchino Palumbo, regista, docente teatrale e cineasta, ha parlato de Le radici del teatro e la trasmissione delle tecniche drammatiche.

Stefania Rimini, docente di storia del teatro e dello spettacolo presso il Dipartimento di scienze umanistiche dell’Università di Catania, trattando il tema Raccontami una storia… Epica, memoria e narrazione nella scena contemporanea, partendo da riferimenti alla figura del giullare e alla Sacra rappresentazione e con l’ausilio di proiezioni, si è soffermata sul rapporto tra antico e contemporaneo in Dario Fo e, soprattutto in colui che ella stessa, in altra sede, ha definito «narrautore»; si tratta di Ascanio Celestini, «artista (e giullare) del nuovo millennio capace prima di ascoltare (per ore, giorni e anni) e poi di raccontare – sera dopo sera – i ricordi appassionati di… cantori di un’epica ormai distante dai furori e dagli assalti della illustre tradizione letteraria».

Queste parole potrebbero attagliarsi perfettamente anche al Teatro dei pupi siciliani, argomento che, guarda caso, poco dopo, sarà trattato da Mimmo Cuticchio.

Ma, prima, è il liutaio Giuseppe Severini a illustrare Le arti dello spettacolo tra XII e XV secolo nell’Europa cristiana. Giullari Trovatori e Flagellanti; egli unisce alla dotta esposizione l’esibizione di un’importante padronanza della tecnica d’uso di rari strumenti musicali ricostruiti su specimen medievali. Suonando, a mo’ di esempio, un flauto e uno strumento a corde della famiglia dei salteri, suscita la curiosa ammirazione degli altri conferenzieri e del pubblico, composto per buona parte da giovani. È un assaggio di ciò che si potrebbe gustare qualche chilometro più in là, a Randazzo, altra città con splendidi tesori medievali, visitando la sua Casa della musica e degli strumenti musicali.

Mimmo Cuticchio entra in scena (nel senso che prende la parola) diversamente da come previsto nel programma, per ultimo; sì, perché questo artista – secondo la convinzione di chi scrive – pur conoscendo perfettamente l’opra (a Catania è òpira), più che un oprante è un performer a tutto tondo e un esempio fra i più emblematici di teatro della narrazione; d’altronde, cos’è il cunto in cui eccelle?

E, infatti, trattando L’Opera dei pupi   Una tradizione in viaggio, ancora una volta racconta se stesso, a cominciare da quando, giovinetto, si staccò dalla propria famiglia per vivere una propria esperienza di ricerca teatrale a Parigi, prima di rientrare in Sicilia e di incontrare Carlo Quartucci e La zattera di Babele – stabilitisi pro tempore a Erice – e di misurarsi con una scena ben diversa da quella del teatrino dei pupi di papà Giacomo.

A questo punto a Giovanni Calcagno non rimane che chiamare a raccolta la ventina di giovani iscritti ai laboratori di formazione teatrale (partecipazione gratuita e riserva del 50 per cento dei posti ai paternesi) per il primo dei cinque previsti; sarà dedicato allo sviluppo delle tecniche narrative attraverso azioni di training fisico e vocale, improvvisazione ed esaltazione della capacità di occupare come spazio scenico qualsiasi luogo. Fungerà da bibbia il poema Orlando Innamorato di Matteo Maria Boiardo. Il progetto continuerà con un secondo laboratorio dedicato alla Ricerca d’archivio e alla documentazione; quindi, dal 16 al 28 giugno: “Scenotecnica e oggetti di scena”; dal 20 al 26 luglio: Canto e sperimentazioni teatrali; dal 25 settembre al 2 ottobre sarà Mimmo Cuticchio a condurre quello su Drammaturgia e messa in scena che si concluderà con l’allestimento di uno spettacolo intitolato, appunto, Orlando innamorato nell’adattamento dello stesso artista, sulla Rocca normanna al crepuscolo dei giorni 3 e 4 ottobre. Il progetto prevede uno sviluppo itinerante attraverso gli squarci più suggestivi del sito che, dunque, ridiventerà protagonista.

Salvo Nicotra

 

Redazione l’Alba

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