A Firenze una serata dedicata a Rosa Balistreri
Alessia Arena e Federica Bianchi celebrano la cantante di Licata alla libreria “Todomodo”
In Toscana, dove è vissuta per vent’anni facendo la serva, bottegaia, grazie alla preziosa compagnia del pittore Manfredi Lombardi, Rosa ha conosciuto un altro mondo: il lavoro, il rispetto della persona umana, l’apprezzamento della sua inimitabile voce. Organizzato da due giovani e colte ragazze, il duo A piedi nudi, uno spettacolo con un folto pubblico
Aveva i suoi buoni motivi Rosa Balistreri a manifestare la sua volontà di essere sepolta a Firenze, dove riposa al cimitero di Trespiano, sulla collina di faccia a Fiesole. Morì a 63 anni. Rosa, colpita da ictus celebrale durante uno spettacolo in Calabria. È ricordata e amata, Rosa, la grande cantatrice del Sud dalla voce di coltello. Gli altri suoi compagni di viaggio sono il calabrese Otello Profazio e il siciliano Ciccio Busacca.
In Toscana, dove è vissuta per vent’anni facendo la serva, bottegaia, grazie alla preziosa compagnia del pittore Manfredi Lombardi, ha conosciuto un altro mondo: il lavoro, il rispetto della persona umana, l’apprezzamento della sua inimitabile voce: le prime timide esibizioni in pubblico e il fortunato esordio al Teatro La Pergola nella compagnia di Dario Fo con la commedia Ci ragiono e canto.
Fuggita da Licata, da Palermo dove aveva fatto la sacrestana, circuita dal giovane prete, dopo aver vuotato le cassette dell’elemosina, col fratello handicappato Vincenzo, Rosa si era lasciata alle spalle la miseria della Marina di Licata, le violenze, lo stupro di un uomo lagnusu latru e ‘mbriacuni, Rosa approda a Firenze.
Aveva ragione, Rosa: «Il mio paese non mi ama. Si ricorderà di me dopo la mia morte».
È stata buona profeta Rosa. La sua statura artistica e umana cresce col passare del tempo. Eppure durante la sua vita travagliata (la sorella uccisa da un marito violento, il suicidio del padre), aveva raggiunto il successo grazie alla riscoperta delle tradizioni popolari, del folklore del Sud, e le interpretazioni teatrali di rara forza drammatica, le avevano procurato la stima e l’amicizia di uomini di cultura come Sciascia, Guttuso, Ignazio Buttitta, musicologi come Mario De Micheli e registi come Scaparro. Ciononostante, Rosa non fu amata in vita dal suo paese, dalla sua odiosamata Sicilia.
Buona profeta Rosa, morta povera e dimenticata e ora apprezzata per la inestimabile eredità, un patrimonio di cultura, di battaglie a favore dei poveri, contro le violenze, i soprusi alle donne, femminista ante litteram, contro le ingiustizie e l’arroganza del potere.
A distanza di 25 anni dalla sua scomparsa, l’eredità di Rosa continua ad alimentare l’affetto dei suoi estimatori in Italia e all’estero, con manifestazioni per ricordare di una grande artista, una donna coraggiosa. Ho saputo da siciliani che vivono a New York che in un ristorante della città si cantano le sue canzoni. Anche Rosa, oltre che in Germania, in Svezia, è stata a New York dove, come mi raccontava, i suoi canti commossero gli spettatori:«Li feci ridere, li feci piangere, incazzare. Addiu mia Sicilia, Palermu capitale terra di mafiusi e latri».
La prolissa introduzione per chi non conosce Rosa Balistreri, la sua vita che ha cadenze da tragedia, e i suoi canti che incantano e commuovono.
Mi sono commosso io, suo biografo, l’altra sera allo spettacolo dedicato a Rosa, che si è tenuto a Firenze alla libreria “Todomodo” in piazza Santa Maria Novella.
Organizzato da due giovani e colte ragazze, il duo A piedi nudi (in ricordo di Rosa che fino a 14 anni a Licata andava scalza) lo spettacolo ha richiamato un nutrito pubblico, con tanti giovani che la amano.
Introdotta da alcuni spezzoni del film-documento La voce di Rosadi Nello Correale, allegato alla sua biografia, pubblicata da Salvatore Sciascia Editore, la serata ha visto rivivere la figura artistica e umana della grande cantatrice del Sud. I canti di Rosa Balistreri per la stupenda voce di Alessia Arena, accompagnata dalle noti coinvolgenti del clavicembalo di Federica Bianchi hanno toccato il cuore. Canti di protesta e di amore, della tradizione e del folklore della sua terra, amata e offesa al cui riscatto Rosa dedicò tutta la sua vita (terra ca nun senti) canti che sembrano poesie e che apparentano Rosa a Quasimodo, a Vittorini, a Ignazio Buttitta, di cui Rosa musicò l’immortale I pirati a Palermo. Senza dimenticare il drammaturgo Salvo Licata, che per Rosa scrisse due commedie: Bambulè e La ballata del sale, che a lungo tenne il cartellone del Teatro Biondo di Palermo per la regia di Maurizio Scaparro.
Lo spettacolo di Firenze, applaudito grazie alla bravura di Alessia Arena e Federica Bianchi, toccherà altre città della Toscana, e si concluderà il 19 settembre al Conservatorio Cherubini con la presenza dell’Assessore regionale alla Cultura e del regista Nello Correale; un omaggio doveroso alla grande cantatrice del Sud che dalla Toscana che l’accolse povera e analfabeta, continua ad essere amata.
Giuseppe Cantavenere
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Ven, Feb 27, 2015
Cultura&Società, Eventi