“Shame” (Vergogna) di Steve McQueen
Dom, Nov 2, 2014
Una storia di inquieta solitudine tormentata dal sesso senza amore
“Bello, ricco, emigrato…” a New York dall’Irlanda avrebbe bisogno di una famiglia o di qualcuno di cui prendersi cura, ma non ne è ancora consapevole. Brandon – il protagonista del film Shame (Vergona) di Steve McQueen – vive solo in un bell’appartamento; è visitato da donne pagate e non; sta fuori quanto vuole e approfitta appena può di “scopate senza cerniera” (citazione da Paura di volare di Erica Jong). La sua più lunga relazione è durata 4 mesi, confessa ad una collega d’ufficio che cercherebbe con lui una relazione stabile. Del resto Brandon non vede nessun attrattivo nelle coppie, basta osservarle sedute al ristorante dove i due si trovano: “neanche si parlano, non hanno niente da dirsi” e non può essere vero che “si capiscono anche senza parlare”, come dice l’amica. La famiglia a cui approderà è quella con Sissy, la sua giovane sorella un po’ sbandata, che canta in un locale notturno (perfetta e accorata una sua interpretazione di New York New York), che si è piazzata nella casa del single ed è da lui mal sopportata. Brandon evade, continua la sua ricerca di sesso, lo cerca pure in ambienti omosessuali, così, perché non sa più dove dar pace alla sua inquietudine. Eppure è Sissy, paziente e disperata, che lo richiamerà a sé con l’ennesimo tentativo di suicidio. Gli aveva detto: “Tu sei mio fratello, siamo una famiglia. Sempre arrabbiato, nessuno che ti ami. Se me ne andassi non ti faresti più sentire, non è una cosa triste?”
E’ un film molto semplice che crea la continua attesa di un epilogo o almeno di uno sviluppo. A ‘Hunger’ Michael Fassbender aveva prestato la faccia, ed era una storia di maggior peso. Anche qui però il suo viso osserva come da un angolino la realtà che lo attornia, una realtà on demand che costa cara, basta ordinarla e la si ottiene.
Angelo Umana
Shame = vergogna.