Il fascino delle sorgenti di Paternò
Lun, Nov 24, 2014
Paesaggi lunari, misteriosi luoghi sacri da rispettare e temere
Qualche anno fa ho visitato le Maccalube di Aragona, forse non del tutto cosciente della loro pericolosità, in compagnia delle guide di Lega Ambiente. Però, certamente sotto la suggestione delle parole che il viaggiatore francese Gastone Vuillier, ai tempi del Gran Tour, ha fatto pronunciare a un pastore del luogo «…noi calpestiamo una terra infernale; io l’ho sentita tante volte muggire e scuotersi, come se le cose diaboliche che racchiude nelle viscere volessero uscir fuori, e poi subito dagli orribili buchi spalancati che vedete là, su quei monticelli, usciva con impeto l’aria, lanciando in alto sabbia e sassi; mentre il fango scendeva e si espandeva per tutto come un lenzuolo viscoso e scuro», mi sentivo, cauto e assorto in quel paesaggio lunare, come se mi trovassi in un luogo sacro da rispettare ma nello stesso tempo da temere. Le tante sorgenti della Sicilia, collegate a mitiche ninfe e fatate monacelle, le tante fresche e dolci acque che circondano il fertile territorio di Paternò hanno le loro leggende che aggiungono fascino e mistero alla già incantevole storia della nostra Isola e della nostra Città.Si racconta che, nel piccolo laghetto, formato dalle acque della Fontana Grande, presso le Salinelle, diventato negli anni un lavatoio pubblico, anche la Regina del Castello, che sorgeva in cima al colle, soleva bagnarsi, accompagnata dalle sue dame che la coprivano alla vista dei popolani con un lungo lenzuolo. Anzi, prima di tuffarsi, soleva lanciare in acqua un piccolo sasso: gli uccelli svolazzando indicavano che il posto era sicuro e non infestato da belve o pestifere esalazioni. A tutti, inoltre, è noto che il nome della Fonte Maimonide o Acqua Grassa deriva dalla leggendaria figura del Gatto Maimonide che come un genius loci appariva, di tanto in tanto, a protezione del sito. Più romantica la storia collegata alla sorgente Vana, il cui nome deriverebbe da una bella ragazza saracena che, dopo la mezzanotte, compariva, nel fondo del garraffo dell’omonimo mulino, per mostrare splendidi tesori. Oggi si è perso il senso del sacro e del mistero e molti, che non si riconoscono più né nella shame culture o cultura della vergogna (quando coloro che non rispettano le regole di civile convivenza incorrono nel biasimo sociale) né nella cosiddetta guilt culture o cultura della colpa (quando il non rispetto di un comportamento, imposto dai divieti, genera un senso di angoscia e di rimorso) si permettono di inquinare, con i rifiuti, un luogo suggestivo come quello delle Salinelle, dove nell’antichità avvenivano arcani e magici riti. Prima, il sito da cui sorgeva l’acqua, punto d’incontro tra la profondità della terra e l’aria, era protetto da un piccolo tempio, spesso a forma di cubba, e venerato come un dono del Cielo. Oggi il luogo di origine di molte sorgenti, nel territorio di Paternò, sporco e paludoso, abbandonato e trascurato tra erbacce e canneti, ripieno di rifiuti e in parte cementificato, non è più degno di attenzione…nemmeno da parte di un piccolo cartello indicatore!
Mimmo Chisari
Tags: alba, l'alba, l'alba periodico, paternò, salinelle, sorgente monafria, sorgenti
Ringraziando la Redazione l’Alba, vorrei precisare che la foto è di Roberto Fichera, un amico e un esperto fotografo che nelle sue opere mette in luce aspetti altrimenti nascosti del paesaggio di Paternò…
Gentile Collega, prof. Mimmo Chisari, chiarisco che sotto la foto della sorgente “Monafria”, la didascalia dice che la foto è di Roberto Fichera.
Cordiali saluti
Pino Pesce