Passeggiata culturale a Licata in riflessioni
Per le budella della Marina, dove il sole penetra a fatica
«In questi ultimi giorni sono stato a Licata. Ho visitato la casa di Rosa; che abbandono e che tristezza! Ti viene un’angoscia profonda e desolante. Difficile trovare le parole giuste per esprimere tanto decadimento.
Che aspettano le amministrazioni (dalla cittadina alla regionale) a rendere decorosa quella casa (magari con un museo) e a risanare la stradina suggestiva e pittoresca che la incassa?!!
Del monumento dedicatole, preferisco non mostrarne la foto: non una musicista, Rosa, ma una venditrice ambulante.»
Avevo scritto su facebook l’appena trascorso uno di settembre, al rientro da Licata, ospite del mio amico Giuseppe Cantavenere, biografo indiscusso di Rosa Balistreri che, nel suo soggiorno in Sicilia (vive infatti a Montecatini Terme), dimora ad un centinaio di metri dall’incanto della baia di “Poliscia” coi suoi gigli protetti fra le dune sabbiose che videro lo sbarco degli Alleati nella drammatica notte del 10 luglio 1943. E avrei lasciato lì (dove c’è stato un vivace ping pong in difesa di Rosa) la mia riflessione se non avessi ricevuto, per l’Alba, l’articolo di Giuseppe che descrive la nostra passeggiata mattutina a Licata con sottile perspicacia narrativa. Quindi, ora, qui a riportarla d’obbligo per dar forza a certe considerazioni dell’amico scrittore sulla Licatese trascurata; non “tanto” amata dalla “sua città” cui ha dato tanto ricevendo poco! Lo dichiara l’animata e suggestiva via Martinez abbandonata a sé stessa, la quale riempie di tristezza coi suoi muri scrostati e l’umidità che pervade le narici, colla casa di Rosa adibita a magazzino e il ballatoio pericolante del balcone di sopra, dove una grossa apertura mostra il cielo che penetra nel degrado dell’angusta via. Il muro basaltico della facciata ha però almeno una lapide, dai “pietosi” caratteri neri scalfiti sul marmo (rinverditeli, almeno!) che ricorda i natali della “Cantatrice del Sud”: «Qui ha vissuto colei che col canto riusciva ad esprimere i dolori e le speranze, le gioie e le paure del popolo siciliano, la “Voce della Sicilia”».
Della statua di Rosa, poi, spinto dai dialogatori, pubblicai anche qualche foto; ne riporto almeno una.
Ora si tratta (non è mai troppo tardi!) – per riprendere suppergiù le parole della mia amica Norma – di rendere onore a chi la sua città ha onorato.
Pino Pesce
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Lun, Ott 27, 2014
Cultura&Società