“Rosa Balistreri” di Cantavenere alla “Vecchia Dogana” di Catania
Il “Maggio dei libri” etneo accoglie in uno scenario di sicilianità il biografo della “voce di coltello”
Nell’ambito della rassegna “Maggio dei libri”, promossa dal Ministero alla Cultura, patrocinata dall’Assessorato ai Saperi e alla Bellezza Condivisa del Comune di Catania e coordinata dal dott. Mario Forgione, responsabile della Biblioteca provinciale etnea, presso il Teatro dell’Opera dei Pupi “Francesco Alliata” della Vecchia Dogana, è stato di recente presentato il libro Rosa Balistreri. Una grande cantante folk racconta la sua vita (Salvatore Sciascia editore). Un volume che consacra l’autore, l’avv. Giuseppe Cantavenere, come il biografo della “Cantarice del Sud” scomparsa nel 1990. In uno scenario di forte sicilianità, dove pare riecheggino le durlindane dei paladini rappresentati dai pupi della famiglia Napoli, si ricostruisce il vissuto di Rosa Balistreri, donna dalla volontà indomita, sempre rivolta verso l’affermazione di sé come essere umano e come artista. La lotta inesausta che caratterizza la sua greve esistenza, intrisa di viva intelligenza, è stata incisivamente messa in luce dai relatori, Nunzio Famoso (già Preside della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università degli Studi Catania) e Pino Pesce (direttore del periodico l’Alba). Insieme all’autore, i due relatori hanno affrescato l’animo forte di un’artista che devolve un patrimonio di cultura popolare siciliana. Proprio sulla nascita e l’evoluzione di quest’ultima, il prof Famoso disquisisce, ponendo come punto cardine il «triangolo assiomatico» della musica moderna: colta, folk e popolare. La musica popolare è quella che dal ‘700 si distacca dagli spartiti tradizionali e dagli ambienti colti; che, con il tempo, affronta tematiche sociali del mondo povero ed è scritta con il linguaggio del popolo, di quel mondo gramscianamente subalterno. La particolarità di Rosa Balistreri sta nell’attingere, sia da un mondo oppresso, quello di carrettieri, pescatori, contadini e “solfatari”, sia dalla propria vita, riverberandoli attraverso «una voce unica» capace di toccare le corde più intime del cuore. E di quella «voce di coltello» tanti avrebbero voluto scriverne la biografia, da Sciascia a Licata a Collura, come sottolinea il prof. Pesce. Lo fa Cantavenere, raccogliendo con solerzia e passione proprio le parole di quella che Paolo Carapeza definisce della «levatrice del canto siciliano» che con le sue note «scagliava pezzi di vita». In questa prospettiva, la «carne viva» della Balistreri è narrata fra il dialetto e la lingua colta, fra registri «dei cantastorie e dei cuntastorie» che delineano una «voce eccelsa» in un divenire di «magma che fuoriesce dalla terra» e che «riesce a trasformare la melodia in poesia». Una vita che si fa canto, come sottolinea lo stesso autore, «per dimenticare i morsi della fame» e narrare le sofferenze indotte da una società ingiusta e scevra di comprensione, quale è la Sicilia degli anni’ 50. Ma che resta «umile ed umilissima» anche dopo il successo e l’incontro con personaggi come Dario Fo, al quale è legato il suo debutto, Ignazio Buttitta, Renato Guttuso, Gesualdo Bufalino. L’autenticità della «voce strozzata» di Rosa è stato significativamente profuso dal “recital” della folk singer Cinzia Sciuto attraverso la sua sensibile interpretazione di brani come Pirati a Palermu, Terra ca nun senti, La siminzina, per citarne alcuni. Infine le letture appassionate dell’attrice Luisa Ippodrino hanno svelato tratti della vita della cantante siciliana, intonando il senso più vero di una femminista ante litteram che lotta per la sua dignità.
M. Gabriella Puglisi
Tags: alba, catania, giuseppe cantavenere, l'alba, l'alba periodico, pino pesce, rosa balistreri, vecchia dogana
Dom, Lug 6, 2014
Cultura, Informazione, Primo Piano