Il “Duo Ammatte” al Teatro Coppola di Catania
“A piedi nudi”, omaggio a Rosa Balistreri, al suo repertorio e alla musica
Clavicembalo e suoni familiari per accompagnare parole e musica di tutti i giorni in una Sicilia sempre più lontana nel tempo e nelle maniere espressive. Raffinatezza senza intaccare l’autenticità e la durezza delle canzoni di Rosa
Domenica 25 Maggio abbiamo assistito, al teatro Coppola di Catania, allo spettacolo A piedi nudi, omaggio a Rosa Balistreri, al suo repertorio e alla musica popolare siciliana in genere. Autrici e interpreti due giovani artiste toscane, Alessia Arena (voce e percussioni) e Federica Bianchi (clavicembalo, percussioni e letture): il “Duo Ammatte”, come dire il duo “capita, succede”.
Diciamo subito che sotto la voce “percussioni” occorre intendere una serie di suoni che andavano dall’uso di uno strumento vero e proprio, il cajon, a quelli prodotti usando grattugie, ditali, coperchi, setacci, legumi secchi e così via. Rumori familiari per accompagnare parole e musica di tutti i giorni in una Sicilia sempre più lontana, nel tempo e nelle maniere espressive. Il clavicembalo, invece, suonato egregiamente da Federica Bianchi, riusciva a dare un’impronta particolare di raffinatezza, senza minimamente intaccare l’autenticità e, spesso, la durezza delle canzoni di Rosa. La splendida voce di Alessia Arena (un cognome che svela degli antenati meridionali e probabilmente siciliani) rendeva al meglio le passioni, la rabbia, l’amore, ma anche l’ironia e la voglia di vivere della Balistreri e delle sue canzoni.
Perché A piedi nudi? Lo hanno spiegato le due artiste, sia sul palco del Coppola che l’indomani alla libreria Cavallotto dove hanno incontrato un po’ di amici ed estimatori: Rosa ha camminato scalza fino a quindici anni, età in cui ebbe il suo primo paio di scarpe. E allora idealmente a piedi nudi Alessia e Federica hanno voluto affrontare l’omaggio a una colonna del nostro canto popolare. E non solo con la musica, ma anche con le parole – lette dalla Bianchi – di Pirandello (Ciaula scopre la luna) e della stessa Rosa, che prima di morire registrò su nastro la sua vita; la registrazione sarebbe diventata un libro (Guseppe Cantavenere, Rosa Balistreri, 1992) che lei non arrivò a vedere.
Il pubblico del Coppola, un pubblico ormai smaliziato, ha gradito le interpretazioni del duo, sottolineando con applausi le esecuzioni delle canzoni riproposte: Avo’, Mi votu e mi rivotu, Ch’è jiautu lu suli, Pirati a Palermu, Lu suli ’ntinni ’ntinni, Caltanissetta fa quattru quarteri e altre ancora.
E vorremmo chiudere con una speranza, una sorta di auspicio, di invito, forse di appello: doveroso l’omaggio alla nostra Rosa, alla sua vita di donna nata e cresciuta tra violenza e miseria, tra volontà di riscatto e ricerca della dignità. Doveroso ma, lo diciamo sommessamente, forse non più sufficiente. Il miglior omaggio alla Balistreri sarebbe ripensare alle sue scelte, scelte di rottura che hanno spaccato, ribaltato una tradizione imbalsamata in un folklore dopolavoristico per andare a cercare il cuore vero e pulsante della sua, della nostra Sicilia. Cerchiamolo insieme allora, questo cuore; coi nuovi mezzi che abbiamo oggi, con la bravura e la professionalità che vediamo, giorno per giorno, col “Duo Ammatte” e con tutti i nuovi interpreti che hanno la capacità e la voglia di riprendere lì, dove la Balistreri ha dovuto lasciare.
Francesco Giuffrida
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Gio, Giu 5, 2014
Spettacolo