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“Il calore del sangue” di Irène Némirovsky

Mar, Giu 3, 2014

Cultura

«l’affresco di una calma esistenza contadina che beve punch leggero»

Placide e calme atmosfere di campagna, dove non c’è spazio per i sussulti ma soltanto per una fagocitante tranquillità. Su di essa si fonda il tiepido scorrere di vite schive, quasi selvatiche, alle prese con una quotidianità fatta di lavoro e di paesaggi intrisi di monotona bellezza. È questo lo sfondo che accoglie la narrazione di Irène Némirovsky nella rappresentazione di una realtà domestica delle tinte minimaliste di cui si compone Il calore del sangue (Adelphi).

Un racconto lungo, il cui titolo sembra scontrarsi con l’affresco di una calma esistenza contadina che beve punch leggero. Eppure sin dall’inizio si ha la percezione del nascosto che l’autrice riesce a porgere con raffinata abilità. Lo fa attraverso Sylvestre, voce narrante e coscienza di un arco narrativo in prima persona. Un uomo stanco prima ancora che vecchio, come lo sono coloro che pensano di aver sbagliato la loro vita e di aver visto tutto. Così si ritrovano in uno stato di equilibrio perfetto, di invidiabile salute morale. A questa vita senza battiti aderiscono con la medesima seraficità i cugini di Sylvestre, gli Érard. Hélènee François legati da un matrimonio felice e raro nella sua dilagante perfezione. La figlia Colette che presto sposerà il giovane Jean Dorin, dei Dorin di Moulin-Neuf, mugnai di padre in figlio. Si conoscono tutti e sanno tutto di tutti. Colette vorrebbe seguire le orme della madre in quella ricerca di tranquillità ad oltranza. Ammira la madre oltre ogni misura per quel legame perfetto con il pudico padre e tenta di costruisce una identica facciata di perbenismo. Ma è andando appena oltre che si comincia a intravedere il «malanimo dagli effetti prodigiosi dei paesani». Così si acquattano queste vite, o meglio, le ombre di esse riverberate nel villaggio d’Issy-l’Evêque del Morvan nella Borgogna. Quel centro della Francia, ben conosciuto dall’autrice, dove nelle sere d’autunno la luce rossa del tramonto si staglia sui campi arati zuppi di pioggia. La famiglia di Sylvetsre detto Silvio fa parte di questa terra che accoglie una borghesia ancora vicinissima al popolo.Quasi pietrificata dietro le triple mandate delle porte dopo il lavoro. Ma è proprio dall’immobilità della provincia, resa realisticamente al pari delle novelle contadine di Maupassant, che vengono a galla i segreti, come se uscissero fuori dai gorghi del fiume. La Némirovsky li svela con assoluta lentezza, pur lasciandoli risalire dal fondo sin dall’inizio attraverso l’odore freddo dell’acqua, dell’ombra delle erbe umide. Per la costruzione del mistero viene da pensare ai racconti a noi contemporanei di Alice Munro che seppur in paesaggi ben più paludosi, affida la rivelazione ad una vaporosa crudezza. Attorno all’enigma e su di esso Irène Némirovsky punta il suo sguardo e lo risolve attraverso i rapporti familiari e la mentalità intrisa di ipocrite omissioni. All’enigma e alla fatalità che si respirano insieme all’odore della carta è sottesa la passione, quella della giovinezza, nascosta, repressa e finanche abbandonata: il calore del sangue. L’irruzione ed il suo scorrere trascinante che infiamma l’essere rendendo il cuore insaziabile. Lo ricorda Sylvestre con folgorante nitidezza nell’attimo in cui non è permesso dimenticare, ripensa a quella «la fame di vita», «faticoso e vano lavorìo della giovinezza». Cadono così tutte le maschere e la falsa «rettitudine morale» in un interrogativo: amico mio, di fronte a certi episodi della vostra vita, vi capita mai di pensare all’istante da cui sono sorti, al germe di cui sono frutto?

M. Gabriella Puglisi

M.Gabriella Puglisi

Dottore di ricerca in “Modelli di Formazione. Analisi Teorica e comparazione”. Laureata in Scienze politiche ha collaborato con diverse testate locali. Ama la lettura, la musica e il balletto; la notte e il mare. Non le piace la mancanza di autocritica.

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2 Resposte a ““Il calore del sangue” di Irène Némirovsky”

  1. Angela Barbera ha detto:

    Una recensione alla recensione. Mirabile descrizione che dona vita al paesaggio emblematico, dall’ apparenza quieta, quasi stagnante e ai personaggi che s’ intravedono, lentamente emergono, brulicano sullo sfondo quiescente dell’esistenza e il sangue inizia a pulsare, a scorrere veloce, retaggio di vita vera, di giovinezza. Brava Gabriella la tua recensione accende la curiosita’, fa palpitare il cuore del futuro lettore, ansioso di scoprire le trame dell’ esistenza umana che s’ intravedono in questo scorcio di vita. Grazie a te si respirano emozioni, pur non conescendo il libro.

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