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“Se’ nùmmari” di Salvatore Rizzo al “Musco” di Catania

Mar, Mag 13, 2014

Spettacolo

Due vite in recriminazione, chiuse alla «pietà», alla «giustizia» e alla «speranza»

C’era la storia, tanta storia: diciott’anni di comune dolore in una coppia con un figlio tetraplegico quasi fosse un castigo di Dio non meritato («Iù sugnu bonu; Oraziu è bonu», dice a se stesso il protagonista che non si spiega il motivo del persecutorio e crudele destino); e cadeva ogni sogno in quelle due vite sfortunate in continua recriminazione, chiuse alla «pietà» alla «giustizia» alla «speranza»; moriva così la speranza in quelle due incolpevoli (ammenoché non ci fosse un’occulta ragione originaria) vittime, sacrificate ad un Moloch, loro raccapricciante edicola di preghiera. Non c’è quindi buon segno per i due, nemmeno quando vincono al Superenalotto indovinando tutti e sei i numeri; da qui il titolo della tragedia di Salvatore Rizzo: Se’ nùmmari che ho visto la sera del 3 maggio al “Musco” di Catania per la produzione del Teatro Stabile di Catania. Sei numeri che anziché lenire il dolore della coppia lo ammorbano facendole immaginare un futuro senza quel figlio; magari con altri figli sani. Progetto ossessivo-liberatorio del padre però, codesto; almeno inizialmente, perché «a matri è matri e nautra cosa è u patri», dice Anna che, per i diciotto anni del figlio, vuole la festa con torta e spumante; ma che, alla fine, cede all’inganno di una vita più sorridente. S’apre, allora, per i due, un precipizio di sola rovinosa discesa; «una trappola» senza felice recupero terreno; forse di solo perdono divino se il pentimento diventa contratto di Fede. Mi piacerebbe capirlo “tra le linee” del testo di Rizzo anche se ritorna chiaro, dal foglio di sala, che sta allo spettatore cogliere la propria «verità», perché Orazio ed Anna diranno ad ognuno «una cosa diversa»; e spero (per tutti!) sia una verità di riflessione catartica, senza quegli orribili arti tranciati e testa tagliata (di raffigurazione umana) appesi ad un albero della cuccagna, simbolicamente alla rovescia, come issato dal Male! quasi a voler essere l’unico approdo di quei due sventurati. Toglie decoro al lavoro teatrale codesto obbrobrio così maniacale! Ma è il culto dell’orrido e del sangue stratrito di Vincenzo Pirrotta. Per il resto – accettando il dialetto, in Rizzo, vivaddio!, dalla forza espressiva universalmente intelligibile – vanno bene la regia, le scene e i costumi che le musiche penetranti e, a volte, sinistre di Giacomo Cuticchio esaltano unitamente alle luci di Franco Buzzanca.

Eccellenti i due attori (Valeria Contadino e Filippo Luna) che, per 50 minuti, lasciano il pubblico senza fiato introiettandoselo tutto loro due, unico – nel bene (per il solo modo di dire formale dell’accoppiata manichea!) e nel male (unico dominatore!) – blocco carnale in ansimante delirio, monolite di sola tragedia!  

Alla fine, però, il pubblico ritrova il fiato e applaude a lungo…

Pino Pesce

Già docente di Materie Letterarie negli Istituti Superiori di II grado, si occupa di iniziative che promuovono l’arte e la cultura e/o che riguardano tematiche di forte valenza sociale. Si è anche occupato della divulgazione attraverso giornali vari del folclore, della tradizione e della storia della Sicilia e in particolare di Motta, di cui (come Assessore alla Cultura pro tempore) ha realizzato il volumetto Motta Sant’Anastasia, Guida alla città (Le Nove Muse Editrice,1999).
Dal 1995 al 2000, si è attivamente impegnato nel Rione “Panzera” del paese natale (rinomato in Italia e all’Estero per il gruppo degli Sbandieratori, pluricampioni d’Italia), di cui è stato Presidente dell’Associazione Culturale dall’aprile del 1995 all’aprile del 1998.
Nel 1997 (in occasione della “Festa Grande” in onore della Patrona Anastasia) ha scritto Trapasso di Sant’Anastasia, una sacra rappresentazione negli anni riproposta anche in occasione delle “Feste Medievali”, interpretata e diretta anche da nomi nazionali. Dal 2014 si è dedicato al teatro con interessanti e coinvolgenti rielaborazioni teatrali di cui ne ha curato anche la regia che hanno riscosso un rilevante successo, come “L’uomo dal fiore in bocca” di Luigi Pirandello e “Rosa Balistreri – A memoria di una Voce”.
Ha curato la presentazione di autori del mondo dell’Arte e della Letteratura e di video documentari a sfondo culturale e sociale, curandone il testo e la regia, che gli hanno procurato (avendoli proposti per le Scuole Medie Superiori) riconoscimenti anche dal Ministero della Pubblica Istruzione.
il professore, collaboratore di quotate riviste culturali: Biologia Culturale, diretta da Gino Raya (uno dei maggiori filosofi e letterati del Novecento, ricordato di recente dal Corriere della sera, dove Pesce veniva annoverato fra i suoi discepoli) ) e Netum, diretta da Biagio Jacono, ha negli ultimi anni, diretto La Svolta, periodico d’informazione e di cultura, e l’Alba, mensile cartaceo d’arte cultura e società, attualmente giornale on line.

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