“Iettavuci”, l’album d’esordio di Francesca Incudine
La cantautrice ennese ha fatto incetta di premi al Concorso Andrea Parodi
E’ uscito solo da pochi mesi e sta già riscuotendo un enorme successo Iettavuci l’album d’esordio della cantautrice ennese Francesca Incudine che nella 6ª edizione del Concorso Andrea Parodi ha fatto incetta di premi con il brano che dà il titolo al cd. Nonostante la giovane età la cantante ha alle spalle un lungo percorso artistico; ha mosso i primi passi studiando il tamburo a cornice e il canto fino ad approdare alla scrittura. Autrice e musicista raffinata, dalla voce intensa, Francesca è attenta alle diverse corde dell’animo umano, che dipinge con grande sensibilità, attingendo al sound mediterraneo e a diverse contaminazioni. La incontro nel suo camerino prima di un concerto per farmi raccontare qualcosa di lei e del suo lavoro.
Francesca, tu nasci come percussionista. Cosa ti ha spinto a dare vita ad un album tutto tuo?
La mia passione per la musica nasce fin dalla tenera età; poi a tredici anni ho iniziato a suonare il tamburo a cornice, uno strumento che si rintraccia già nella tradizione come tipicamente femminile, ma solo da qualche anno mi sono avvicinata alla scrittura attraverso la quale ho potuto riscoprire me stessa. Credo sia naturale, nel momento in cui ti misuri con un primo lavoro discografico, partire dalle proprie esperienze, dai cambiamenti della vita. Quest’album è un cammino autobiografico attraverso il quale ho voluto dire la mia e portare quanto più possibile l’ascoltatore dentro la mia vita, in modo che si rispecchi nelle mie storie, che sono storie comuni o sentimenti condivisi.
La produzione artistica e musicale di Iettavuci è di Mario Incudine, com’è lavorare con tuo fratello?
Ti dà una marcia in più, è un incoraggiamento continuo a migliorarsi. Confrontarmi con il mio più grande punto di riferimento mi mette addosso la giusta tensione emotiva per renderlo orgoglioso del mio lavoro ma è anche lo stimolo giusto per misurarmi con lui su un terreno comune che è quello della musica etnica e cantautoriale in dialetto. E’ interessante osservare il diverso modo in cui tendiamo ad approcciarci alle cose.
Da cosa nasce la scelta di intitolare l’album Iettavuci?
Iettavuci letteralmente non può tradursi senza perderne il sapore che è proprio del dialetto e nel suo significato più ampio è un invito a farsi sentire, ad alzare la testa ed uscire da un rumore di fondo. Il titolo vuole essere un modo di restituire voce a chi voce non ha e fare uscire dall’ombra tutte quelle persone che hanno paura di esprimere le proprie opinioni. Ad accomunare le tredici tracce c’è un canto intimo e delicato; inoltre il contrasto tra una voce sottile e i messaggi forti contenuti nell’album risulta di grande impatto. D’altra parte questo modo di affrontare le cose, con determinazione e dolcezza, mi rispecchia.
La copertina dell’album è una camelia rossa che squarcia la carta.
La camelia rossa rappresenta proprio questo grido dell’animo che si spande come il profumo di un fiore, con la stessa purezza ed intensità. Abbiamo optato per la camelia perché non volevamo risultasse una scelta scontata come poteva essere una rosa e ci interessava rendere l’idea di qualcosa di semplice ma che avesse una forte presenza in grado di squarciare qualsiasi muro.
A quale influenze musicali ti senti più vicina?
L’album risente della contaminazione che viene da un background di ascolti innumerevoli e che si possono rintracciare nella musica etnica ma anche pop. Naturalmente senza dimenticare i rimandi alla mia tradizione con quegli “alberi di canto” che rimangono invariati nel tempo: Rosa Balistreri, i Taberna Mylaensis, Carlo Muratori e i rinvii al mondo arabo, alla musica celtica, alla tradizione irlandese e al fado portoghese. Se poi ancora esiste una definizione di world music, che è un genere al quale la mia musica è molto vicina, questa si può descrivere come la musica dei popoli, per cui tutto quello che riguarda i popoli e la musica diventare popolare.
Nel brano Iettavuci c’è una strofa del testo cilentano dal titolo La Calandrella.
E’ un inserto tradizionale cilentano che mi ha donato il cantautore Angelo Loia, con il quale duetto nel brano. Il testo è un invito al canto, alla vita e a lasciarsi andare alle proprie emozioni.
Di quali altre collaborazioni oltre a quella con Angelo Loia, ti sei avvalsa?
La collaborazione è sinonimo di quanto la sinergia sia importante soprattutto nell’ambiente artistico. Nella realizzazione di questo progetto mi sono sentita molto supportata e stimata, e la partecipazione di artisti del calibro di Rita Botto o delle Dammen Quartet mi ha molto gratificato perché è stato un riconoscimento del mio lavoro. Senza dimenticare naturalmente i musicisti Carmelo Colajanni, Manfredi Tumminello, Antonio Vasta, Pino Ricosta, Salvo Compagno, Giorgio Rizzo, Francesco Barbarino, Placido Salamone.
Mi è molto piaciuta Ninna Nanna in re.
Ninna nanna in re che è stata scritta da Bianca d’Aponte, cantautrice prematuramente scomparsa, l’ho scoperta circa tre anni fa al premio che porta il suo nome e me ne sono subito innamorata perché trovo che sia di una delicatezza ma, allo stesso tempo, anche di una intensità profonda. Sono intervenuta, rispetto all’originale di Bianca, ritraducendo la seconda parte del testo in siciliano perché mi piace la commistione delle due lingue e anche perché non volevo assolutamente stravolgere il suo messaggio.
Mario Incudine, con la sensibilità che lo contraddistingue, ha scritto per te Mi mettu o suli, canzone che affronta la scottante e attuale tematica della violenza domestica sulle donne.
Misurarmi con una tematica come questa non è stato per niente facile, credo che si possa solo compartecipare ad un dolore così forte e tentare di raccontarlo con il giusto rispetto. Il fatto che il brano sia stato scritto da un uomo credo che faccia acquisire al testo maggior valore; è un canto di liberazione che racchiude un messaggio positivo, vuole essere da sprone per coloro che subiscono violenza, sia essa psicologica o fisica e alla fine la protagonista trova il coraggio di mettersi al sole e mostrare le ferite nascoste dietro gli occhiali.
Sei appena tornata da un concerto a Parigi, prossime tappe del tuo tour?
Continueremo a presentare il cd in giro per la Sicilia, in Italia e in Europa. Il 23 maggio saremo a Catania al “Lam-Lab”. ArteMusica e poi dal 17 al 24 luglio viaggeremo con l’orchestra Sète Sòis Sète Luas toccando le principali città europee.
Stai già pensando ad un nuovo disco?
Sulla scia dell’entusiasmo non bisogna mai fermarsi; infatti sto già pensando ad un nuovo progetto. Cercherò di assecondare l’ispirazione e trovare nuove chiavi di lettura, anche insieme ai miei musicisti, avendo il giusto rispetto per il cambiamento che è sempre continuo soprattutto a quest’età. Potrà suonare in maniera diversa, in una lingua diversa ma dovrà essere una fotografia esatta del momento che mi rappresenta.
Se pensi ad un duetto speciale con chi vorresti farlo?
Mi piacerebbe duettare con molti artisti anche di ambiti musicali diversi. Se dovessi fare qualche nome, i primi a cui penso sono Fausta Vetere oppure Elisa, e chissà che un giorno non si possa realizzare.
Laura Cavallaro
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Mar, Apr 22, 2014
Informazione, Spettacolo