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“Oh Dio mio!” di Anat Gov al “Musco” di Catania

Sab, Gen 25, 2014

Eventi, Spettacolo

Uno strano incontro con un Dio «umano, troppo umano»

Oh Dio mio! È il titolo del testo teatrale della drammaturga israelita Anat Gov (tradotto ed adattato da Enrico Luttman e Pino Tierno), in scena al Teatro “Musco” di Catania, dal 7 al 19 gennaio 2014, per lo “Stabile” della città etnea.

Lo spettacolo, prodotto dalla Compagnia Attori & Tecnici, racconta la storia insolita di Ella (Viviana Toniolo), donna tutta d’un pezzo: psicologa di professione e madre single di Lior (Roberto Albin), un ragazzo autistico, la quale un pomeriggio si trova nel suo studio un paziente molto particolare: il signor D. (Vittorio Viviani). Impenetrabile e misterioso, l’uomo è inizialmente restio a raccontarsi, anzi tenta, in più di una occasiona, di indispettire Ella con affermazioni sulla vita privata di lei, finché, incalzato e con voce tonante, non dica: «Io sono Dio». Nell’incredulità della donna ha inizio una seduta psicoterapica sui generis che mette in luce il vero problema di questo Dio, depresso e malato ormai da millenni, privo di qualunque potere. Un caso da manuale per alcuni aspetti: orfano di genitori, figlio unico, relazioni complicate. Da un lapsus freudiano verrà fuori ciò di cui ha davvero bisogno: dopo la morte di Giobbe si è ritrovato senza più amici, cosicché per la sua insoddisfazione, vorrebbe un nuovo e più violento diluvio universale.

 Questo divertente atto unico, diretto da Nicola Pistoia, è un racconto che con ironia lascia riflettere sulla elementarità della vita. Per darne qualche idea: l’Altissimo, l’Onnipotente si traveste da Marlon Brando de Il Padrino, ma si accorge che ha bisogno di una semplice cosa: l’amore; mentre quello che serve ad Ella è ritrovare la fede che ha perso da tempo. Si è di fronte a due tematiche turbanti e delicate: l’incontro scontro tra religione e psicologia.

La pièce è costruita su continui “botta e risposta” intorno ai quali si snoda un’intera gamma di emozioni che Toniolo e Viviani riescono a mettere in scena con grande bravura fino alla fine; quando, annota Pino Pesce su facebook, la psicologa «si accinge a mangiare, senza alcun timore, la mela che Dio le ha dato perché non nasconde l’inganno del peccato originale.» Questo perché, parafrasa lo stesso Pesce con Nietzsche, si tratta veramente di un teatro «umano, troppo umano» e «per spiriti liberi».

Da sottolineare che, di volta in volta, il dialogo è accompagnato dal suono della viola di Lior, il quale usa lo strumento per raccontare le emozioni che vive dentro di sé; per cui un grande plauso va anche a Roberto Albin che con estrema capacità attoriale è riuscito a supportare un ruolo altrettanto complicato.

Un grande successo di pubblico per uno spettacolo di qualità e di spirito.

Laura Cavallaro

Laura Cavallaro

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