“La parola Amore” di Edoardo Radaelli
Storie di giovani amici fatte di comprensione e solidarietà, anche verso l’omosessualità
Edoardo Radaelli, nato nel 1982 a Roma dove risiede, laureato in archeologia, specialista in beni archeologici e frequentante il dottorato di ricerca in Gran Bretagna, con il romanzo La parola Amore (Terre sommerse, Roma, 2013, pp. 241, € 15) è al suo esordio letterario.
Già nella massima posta all’inizio del libro l’autore chiarisce il senso e lo scopo di questa narrazione: “Gli amici che abbiamo nell’adolescenza sono sempre quelli che portiamo nel cuore perché rispecchiano un ideale che sboccia e fiorisce col tempo, a volte per tutta la vita” (p. 3). E da essa s’intuisce che questo lavoro nasce da una forte emozione personale: e quindi può definirsi autobiografico.
Qui i giovani amici sono una dozzina; e dalle loro storie, fatte di comprensione e solidarietà, anche se in essi sono assenti il sentimento e la pratica della religione, si capisce il significato della parola Amore, estrinsecato in varie occasioni e manifestazioni, come nell’assistere a turno uno di loro in coma all’ospedale e un neonato sballottolato di qua e di là, figlio d’un’altra del gruppo.
Anzitutto c’è il protagonista Paolo, un omosessuale che, casualmente lanciato nel mondo della musica, dopo una fallita relazione con Giacomo, non soltanto va a convivere con Fabio, ma diventa un cantautore apprezzato in Italia e all’estero, dov’è presente anche alla radio e alla televisione, nonché in interviste e servizi giornalistici vari; e col riconoscimento del piccolo Alessio, figlio di Veronica (che non può tenerlo studiando all’estero), costituisce col suo compagno una specie di famiglia. E dal titolo della sua prima canzone, seguita da album e video, prende il titolo questo libro, in cui lo stesso Paolo, che in duetto con Ilia vince un rinomato festival e vende milioni di dischi, spiega “quanto sia difficile pronunciare questa parola fatidica in un rapporto di coppia, sia per la semplice paura dell’impegno sia per un senso di insicurezza che porta ad avere timore di non sentirsela ripetere” (p. 152).
A lui fanno corona: l’omosessuale Fabio, suo pubblicitario e convivente, il quale viene investito sulle strisce pedonali e cade in coma, mentre l’addolorato Paolo si rende conto che nei confronti dell’infortunato egli non è nessuno per la legge e quindi chiama al capezzale la madre di lui, fino a quando il paziente si risveglia e dopo alcuni anni si riprende pressoché completamente; la propria sorella Francesca, piccola e comprensiva, ma che matura nel corso dei quasi sei anni di svolgimento del romanzo; Marta, che soffre per la lontananza del fidanzato Matteo, che lavora prima in Canadà e poi in Germania; Lucia e Claudio, poi sposi felici con la figlia Camilla; Sara, sempre depressa a causa del fidanzato Andrea, che è lontano (in Scozia) e che dopo sei anni la lascia per un’altra, mentre lei alla fine si lega felicemente con Giorgio; Veronica, che fa una gran festa per il suo 18° compleanno, ma fragile com’è, resta incinta d’un ubriaco, col quale ha avuto un rapporto senza neanche accorgersene a causa dell’ebbrezza, e dopo qualche incertezza decide di non abortire, dando il figlio Alessio a Paolo e andandosene a studiare a Ginevra, mentre in seguito si lega con Roberto, che presto la tradisce, e infine con Charles, incontrato in Svizzera; Ilia, cantautrice di grido, che prima si dà molte arie e guarda tutti con superiorità, ma poi s’innamora dell’addetto alle pulizie Vincenzo, che tenta di fare assumere come batterista, e infine fa coppia artistica con Paolo, che prima disprezzava; Daniel, altro omosessuale, che prima ha avuto a che fare con Paolo e che poi prova a mettersi con Giacomo, ma dopo un po’ lo lascia, facendolo ricadere nell’alcolismo e inducendolo a stabilirsi con lo psicologo Biagio.
Qui è opportuno chiarire che l’omosessualità in questo libro è vissuta e accettata con naturalezza e serenità da tutti, anche dai familiari. E nell’epilogo è Paolo che con un saggio discorso, in cui rievoca i tempi e le modalità della loro conoscenza, tira le somme, paragonando il loro vincolo affettivo a quello d’una famiglia: la sua.
In sostanza la narrazione, che si conclude con un brindisi, ruota attorno a questi amici; e le loro vicende s’alternano nei brevi paragrafi in cui è suddiviso ogni capitolo. Questa brevità favorisce la lettura e spinge il lettore a proseguire speditamente alla ricerca d’approfondimenti e sviluppi, grazie anche alla riuscita delineazione dei personaggi, alla scorrevolezza dei periodi e alla chiarezza d’impostazione e d’esposizione.
L’espressione linguistica è quella dei giovani d’oggi, con abuso di locuzioni di moda, quali “così tanto” e “talmente tanto” (e varianti), parole straniere senza corsivi o virgolette, punteggiatura carente. Ci sono poi altre forme non ortodosse, come “ne debba trarne” (p. 226) e la locuzione semplice “riguardo” al posto della locuzione prepositiva “riguardo a” (in varie pagine), nonché parecchi refusi tipografici, qualcuno dei quali altera il senso: ad es. a p. 184 “fitto” dovrebbe essere “fritto” (2 volte). Infine dal punto di vista grafico-editoriale il libro è ben impaginato e ha carta buona e caratteri nitidi, ma la copertina è opaca e confusa, con un titolo quasi impercettibile.
Complessivamente in questo suo esordio il giovane autore dimostra d’avere buone doti per la continuazione dell’attività letteraria, a cui sembra portato.
Carmelo Ciccia
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Dom, Dic 1, 2013
Cultura