“Questione di tempo”, un film di Richard Curtis
La possibilità di ritornare indietro e cambiare il passato in una singolare love story
Alzi la mano chi non vorrebbe il dono di tornare indietro nel tempo e modificare qualcosa, così, tanto per migliorare alcuni istanti e regalare un’altra direzione alla vita. Si diventerebbe registi del proprio umano sentire, un po’ come cantava Luca Barbarossa in una ormai vecchia canzone Come dentro un film.
La possibilità di ritrovarsi alle spalle di minuti, ore e perfino di anni è lo sfondo della commedia Questione di tempo, in apparenza una love story, in realtà molto di più. Scritto e diretto da Richard Curtis, il film rappresenta il saluto al cinema dello sceneggiatore e regista inglese noto per Quattro matrimoni e un funerale, Il diario di Bridget Jones, Notting Hill.
Dal 7 novembre nelle sale cinematografiche italiane, la pellicola racconta con ironia soffusa della tanto normale quanto insolita famiglia Lake che vive in Cornovaglia. La stravaganza garbata dei componenti la descrive in incipit l’io narrante, il ventunenne Tim Lake (Domhnall Gleeson): la mamma (Lindsay Duncan), una donna scevra di qualsiasi smanceria, disinteressata a qualsiasi civetteria; il papà (Bill Nighy), simpatico e giocoso, con uno sguardo benevolo verso i suoi cari senza mai essere invadente; la sorella Kit Kat (Lydia Wilson) sempre scalza, «la più straordinaria creatura» che il fratello abbia mai conosciuto; lo zio Desmond (Richard Cordery), distratto e astratto all’inverosimile, nel senso di una weberiana tipicità ideale. E Tim descrive anche se stesso, definendosi «troppo magro, troppo rossiccio », insomma quel di tutto troppo che ne fa un ragazzo impacciato, soprattutto in amore. I rapporti in casa Lake sono scanditi da tradizioni particolari come il tè preso rigorosamente sulla spiaggia, con qualsiasi tempo, o i film visti la sera in giardino sempre con qualsiasi tempo e sempre tutti insieme, uniti da un affetto senza afosi frastuoni, ma fresco di una leggera, intima complicità. Il momento cult è la festa di capodanno, e proprio in occasione di un’ennesima serata frustrante per Tim, il padre gli svela un segreto: gli uomini della famiglia Lake possono tornare nel loro passato per modificare quell’attimo determinante che trasforma la vita in quello che vorrebbero, rispettando naturalmente alcune regole. Il giovane Lake, comincia a viaggiare nel tempo e scopre incredulo che «si può fare», per dirla con Frankenstein Jr di Mel Brooks, ed usa la via magica esclusivamente per trovare l’amore, quello autenticamente vero e per la vita. Dalla prima cotta per Charlotte (Margot Robbie), amica della sorella, Tim si accorge però che non tutto può essere cambiato e che non c’è viaggio nel tempo che possa convincere una persona ad amarti. In possesso del suo incanto, Tim si trasferisce a Londra per diventare avvocato, ospite di un amico del padre, lo scorbutico drammaturgo Harry (Tom Hollander). Nella capitale inglese il giovane Lake si innamora di Mary (Rachel McAdams) e dopo alcuni sbalzi temporali i due riescono a trovarsi, grazie ad una sottigliezza giocata, manco a dirlo, in controtempo e ad una mostra dedicata Kate Moss. Il rapporto tra i due è sereno, si sposano sulle note de Il mondo di Jimmy Fontana, la famiglia si allarga e si respira un soffio sincero e sereno, quell’amarsi senza drammaticità, senza difficoltà, quell’amore semplice e spontaneo degli animi gentili che Tim cerca di vivere due volte. Non sempre però il potere di spostarsi nel tempo può servire a sistemare le cose. Lo sperimenta Tim con la malattia del padre e la sua perdita. C’è, infatti, un altro amore nel film, che prende toni più malinconici, quello tra padre e figlio accomunati da un che di speciale ed è questa la vera storia d’amore. Difficile accettare di lasciare andare chi si ama con le viscere, di sentire che va via anche un pezzo di cuore. C’è sempre un momento che si vorrebbe rivivere prima di congedarsi; nel caso del padre di Tim, è una «corsetta» verso il mare con il figlio, rimando ad un’eternità d’amore che non si esaurisce né in questa né in nessun’altra vita. Lo sa bene Tim che da privilegiato del tempo coglie l’importanza dell’assaporare ogni istante perché «ogni giorno fino a ieri è perduto». E, risponderebbe il padre, «come per chiunque altro».
M Gabriella Puglisi
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Mer, Nov 27, 2013
Spettacolo