“L’Arbitro”, Un film di Paolo Zucca
Il calcio come aggregatore sociale in una società arrivista non sempre onesta
L’Italia che eravamo, dalla quale ereditiamo la passione e la tenacia della nostra parte più selvatica ma anche l’ambizione e la scaltrezza di una società del benessere che mira sempre più in alto, accettando compromessi non sempre onesti, salvo poi cadere irrimediabilmente giù, come accade al protagonista del lungometraggio di Paolo Zucca: L’arbitro, un racconto senza facili moralismi.
Il calcio come aggregatore sociale di realtà incontaminate e barbare, come la Sardegna montanara, contrapposto allo sport nazionale del nord Europa. Campi da calcio improvvisati, sterrati, calcati da pastori diretti da un pensionato non vedente e poi il nord Italia, la serie A, con le sue regole e convenzioni, campi perfettamente tagliati e un’organizzazione molto vicina alla dimensione europea. La “Champions League” con gli alberghi di lusso e il Pabarilese, una squadra sarda di un girone-dilettanti, che assume il bar di paese a luogo di ritrovo e che si reca a fare le trasferte con un vecchio bus scolastico.
Il film ruota sul contrasto tra questi due piani, che s’incrociano solo alla fine, quando Giuseppe Cruciani, arbitro blasonato ed ambizioso, viene chiamato ad arbitrare una partita di terza categoria tra due squadre sarde, come punizione per aver ceduto alla propria smodata bramosia, facendosi corrompere. In mezzo anche storie di riscatto come quella del giovane paesano tornato dall’Argentina, il quale risolleva le sorti della squadra, e vicende più cupe come la faida tra due pastori sardi cugini e compagni di squadra.
Il regista sardo, alle prese con il suo primo lungometraggio, esplora la Sardegna polverosa e sanguigna e l’Europa a cinque stelle attraverso la dimensione calcistica, rilevandone acutamente vizi e virtù e restituendone la profondità.
Magistrale la fotografia, con un bianco e nero che dona la giusta dimensione storica alla vicenda, regalando allo spettatore scorci della montagna sarda densi di poesia e un’Europa del benessere estremamente elegante.
Fanno parte del quadro il giocatore argentino (Jacopo Cullin), fuoriclasse del Pabarilese, l’allenatore cieco (Benito Urgo), esempio superbo di tenacia e passione, e la figlia di lui, interpretata da Geppy Cucciari, che però, nel lavoro cinematografico, porta i segni del cabaret, rendendo il personaggio privo della profondità necessaria alla pellicola.
Notevoli, invece, i primi piani al protagonista Stefano Accorsi, elegantissimo arbitro blasonato.
Laura Timpanaro
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Dom, Ott 6, 2013
Spettacolo