“SICILIA. La fabbrica del mito” di Collura a Trecastagni
Accolto da un pubblico caloroso, il libro è stato presentato nel suggestivo Largo Abate Ferrara
In apparenza una serata come tante altre dedicate alla cultura, ma a rendere suggestiva e particolare quella di lunedì 26 agosto 2013, a Trecastagni, è stato uno squarcio artistico al quale il mio sguardo non era abituato: Largo Abate Ferrara, sul quale si erge la monumentale Chiesa Madre dedicata a San Nicolò di Bari, magnifico esempio d’architettura rinascimentale. In questo luogo ideale, che il sindaco, on. Giovanni Barbagallo, intervenendo, ha tanto decantato – su iniziativa del periodico l’Alba e il sostegno organizzativo del locale Assessorato alla Cultura – è stato accolto un protagonista d’eccezione della letteratura italiana: lo scrittore e giornalista agrigentino Matteo Collura, del quale è stata presentata la sua ultima fatica narrativa: Sicilia, la fabbrica del mito (edita da Longanesi, marzo 2013, € 18.00).
Sul testo hanno disquisito: la dottoressa Silvia Ventimiglia, la dottoressa Gabriella Puglisi e il professore e direttore del giornale l’Alba Pino Pesce, coordinati dalla professoressa e assessore alla Cultura del Comune di Trecastagni Maria Catena Trovato.
Con voce penetrante e sicura, chitarra per accompagnarsi alle mani, raccoglie l’iniziale attenzione del pubblico la cantante folk Cinzia Sciuto che intona una serenata siciliana di Rosa Balistreri dal titolo L’amuri ca v’haju. Calorosamente applaudita, Cinzia ritornerà a conclusione ad omaggiare la cantastorie licatese con il canto di lavoro Ch’è autu lu suli e la ninna nanna La siminzina.
Ritornando al libro, già il titolo, come ben evidenzia il professore Pesce, riporta due termini che, a prima lettura, sembrano stridere: uno è mito, (definito da Platone, nella Repubblica, «racconto intorno a dei, esseri divini, eroi e discese nell’aldilà»); l’altro il sostantivo fabbrica che ci conduce, nonostante l’etimo latino, all’età moderna e ad una visione più attuale. Solo, quindi, qualche occasionale riferimento al mito classico nel libro; centrale, a proposito – ne discutono Trovato, Ventimiglia e Pesce – è il mito di Proserpina, da cui la fantasiosa ricostruzione della fuitina (scappatella amorosa tra due giovani), praticata in Sicilia fino a un ventennio fa.
Ciascun capitolo (eccetto il terzo che ritorna alla fuitina con la simpatica storiella della scappatella di Rosa Quasimodo [sorella del poeta Salvatore] ed Elio Vittorini) traccia ed analizza storie e protagonisti diversi. Una puntualizaione del prof. Pesce (vi ritornerà poi Collura) riporta alla luce lo stupro a Franca Viola (1965), una giovane minorenne di Alcamo (TP), che reagisce alla violenza subita non sposando il rapitore; per cui diventerà simbolo della battaglia per l’emancipazione femminile negli anni ’60. Eroina caparbia, lottò per riscattare l’offesa subita in un mondo fatto da sciocche convenzioni e bigottismo. Bisognerà aspettare il 1996, prima di emanare una legge (la 66) che punirà il reato di violenza sessuale a seguito di un matrimonio. Il focus del testo è altresì rappresentato da un lungo excursus di ”nuovi” miti che avvolgono con una coltre spessa di mistero la Sicilia; miti falsi o bugiardi per definirli con lo stesso Collura. La dottoressa Ventimiglia, su questa scia, accenna alla mafia e al bandito Salvatore Giuliano, e poi, tratteggiando miti più o meno misteriosi e/o sui generis, ricorda la scomparsa inspiegabile del fisico Ettore Majorana, l’avventurosa figura del Conte Cagliostro, leggendario popolano del quartiere “Ballarò” di Palermo, e le stranezze di Francesco Ferdinando Gravina Cruyllas, principe di Palagonia che si fece costruire una Villa con statue mostruose a Bagheria. Al concetto di mito bugiardo, ritorna il professore Pesce che fornisce una lettura sulle fantasticazioni mitomani; ci racconta, infatti, attraverso Collura, un aneddoto relativo ad una lettera inviata da Giuliano al presidente Harry Truman, dove lo invitava a liberare la Sicilia dai socialisti e dai comunisti per farne il quarantanovesimo stato americano.
E scorrono negli interventi tanti fatti, cari alla fantasia popolare, i cui protagonisti, in qualche caso, vengono accomunati alla corda pazza di pirandelliana memoria.
Dopo la lettura di un brano del capitolo dedicato a Vincenzo Bellini, letto dalla carezzevole voce dell’attrice Valeria Contadino («A Bellini piacevano le donne e lui piaceva a loro, c’è tutto un sentire di avventure amorose al limite dell’ossessione nei tanti racconti che sul compositore catanese si possono leggere…».) l’attenta analisi della dottoressa Puglisi che approfondisce la figura del Cigno catanese, ponendo l’accento sulla fama di donnaiolo, legata, con molta probabilità, alle sue origini sicule. E la Puglisi ci racconta, attingendo ad una delle fonti più autorevoli: quella di Francesco Pastura, riportata dallo stesso Collura, che molte signorine della Parigi ottocentesca rimasero sensibili al fascino del compositore, sebbene si accertino solo due grandi amori nella vita del compositore: la napoletana Maddalena Fumaroli e la tormentata storia d’amore con Giuditta Cantù. Sappiamo così che di Bellini restano inspiegabili le tragiche circostanze della sua morte, avvenuta a Puteaux, vicino Parigi, il 23 settembre del 1835.
Testo di consultazioni, come più volte è stato definito, ricorda l’Autore agrigentino che il libro riporta ad apertura un’epigrafe di Alessandro Manzoni, come una sorta di sfogo; la sincera reazione di un emigrato a Milano che cerca di analizzare gli aspetti della sua Terra con il giusto distacco. L’omaggio ai Promessi sposi nasce dal fatto che il romanzo è uno specchio dell’Italia, dove di certo, il tema centrale del testo è la provvidenza ma intesa come casualità che cambia le vite. Non si può negare tuttavia che racconta una storia di comportamenti mafiosi (compresa la viltà di Don Abbondio) che benissimo potevano essere siciliani; d’altronde l’Isola nello stesso periodo era sotto la dominazione spagnola che perdurerà a lungo a differenza della Lombardia che avrà un corso storico poi più evoluto.
Ancora una volta dopo In Sicilia (Longanesi 2004, € 14.00), L’isola senza ponte. Uomini e storie di Sicilia (Longanesi 2007 € 14.60) e Sicilia sconosciuta (Rizzoli 2008, € 19.00 ), Collura sente la necessità di raccontare della sua amata Terra, osservata però con un binocolo rovesciato che rimpicciolisce rendendo tutto più nitido. Forse dietro questa scrittura, necessaria, c’è solamente quella malia che lo scrittore D. H. Lawrence così raccontava: «Mai ho provato una nostalgia più profonda di quella che ho provato per la Sicilia leggendo Verga. Per la Sicilia, dico; per la splendida Sicilia che penetra profonda nel sangue. Splendida Sicilia, cosi limpida nella sua bellezza, cosi vicina alla bellezza fisica dell’antica Grecia!»
Laura Cavallaro
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Lun, Set 30, 2013
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