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“Passione e studio a servizio della cultura classica / Scripta selecta”

Ven, Ago 2, 2013

Cultura

Scritti scelti di Cleto Pavanetto che potrebbero essere definiti “Apophoreta”

Apophoreta potrebbero essere definiti questi scritti scelti che il veneto Cleto Pavanetto — già autore d’una storia della letteratura greca e d’una grammatica latina, entrambe in lingua latina, nonché di numerosi scritti e discorsi in lingua latina stessa — ha raccolto nel suo volume Passione e studio a servizio della cultura classica / Scripta selecta (Libreria dell’Ateneo Salesiano, Roma 2013, pp. 229, € 21), a conclusione d’una carriera che lo ha visto impegnato come docente prima in Africa ed Asia e poi in Italia, dove ha insegnato lingua e letteratura greca classica nell’Ateneo Salesiano di Roma, nonché in Vaticano dov’è stato capo-latinista della Segreteria di Stato, presidente della Fondazione “Latinitas” e direttore dell’omonima rivista in lingua latina.

Dopo la concisa presentazione di Manlio Sodi, preside del Pontificium Institutun Altioris Latinitatis, e l’articolata introduzione di Mauro Pisini e Chiara Savini, un’accurata bio-bibliografia pone in luce il più che onorevole cursus honorum e l’imponente produzione letteraria, perlopiù in lingua latina, del Pavanetto.  

La motivazione del libro, più volte ribadita, può essere desunta dalle seguenti parole:«In particolare il latino, ma anche il greco, non dev’essere considerato lingua utile per l’archeologia della cultura e nemmeno, come ritenevano non molto tempo fa vasti settori ideologici, ‘elemento reazionario’… Il latino e la cultura che esso veicola ci appartengono intimamente: segnano così profondamente l’animo e l’ethos dei popoli europei che privarsene equivarrebbe a diminuzione di identità e di senso.» (p. 177). Fra l’altro i classici latini e greci hanno prodotto il modo di pensare ed operare dello straordinario periodo detto Umanesimo.

Ed è questa la motivazione che ha permeato, oltre che questo libro, tutta la vita dell’autore: nell’insegnamento, nella scrittura, nell’oratoria, nei prestigiosi incarichi ricoperti, sempre convinto che l’antica civiltà greco-romana è stata il lievito di quella odierna, anche se laica.

Nella prima parte (letteratura greca), dopo un profilo di Sinesio, l’autore si diffonde su Euripide, il tragediografo da lui prediletto, e particolarmente sulle Baccanti; tratta della dignità della persona umana nei tragici greci, sempre con particolare attenzione allo stesso Euripide; presenta il mitografo Esiodo e una serie di scrittori della primitiva Chiesa Cattolica; illustra il modo di vedere la civiltà greca e romana (comprese le relative letterature) da parte degli scrittori cristiani (Tertulliano, Orosio, Agostino, ecc.), i quali la intendevano come una prefigurazione e anticipazione di quella cristiana; analizza la poesia d’Omero, sottolineandone l’arte, la religiosità, la psicologia, la funzione educativa.   

Nella seconda parte (letteratura latina), l’autore esalta l’amore per la lingua e la letteratura latina — dallo stesso santo ferventemente praticata, insegnata e raccomandata — di san Giovanni Bosco, fondatore della congregazione di cui il Pavanetto fa parte; s’intrattiene sugli antichi romani a tavola, sui loro cibi e le loro bevande; descrive l’obelisco vaticano e le catacombe di S. Callisto, raccontandone le vicende; espone alcune norme di grammatica latina; passa in rassegna numerosi umanisti italiani ed esteri, sottolineando il fondamentale ruolo da loro svolto nella costituenda Europa Unita; elenca e commenta alcuni proverbi latini, evidenziandone l’importanza e l’attualità; analizza l’Inferno di Dante, mettendo in rilievo i numerosi passi di scrittori latini utilizzati dal divino poeta, specialmente in campo mitologico, con relative varianti e magari con miglior esito, come nel caso del Caronte dantesco rispetto a quello virgiliano; fa una rassegna degli antichi popoli che occuparono l’Italia e dei loro dialetti, rimarcando l’azione unificante della lingua latina.

Nella terza parte (studi umanistici) l’autore esordisce con un intervento sulle lingue classiche come patrimonio comune degli europei; fa una commemorazione del papa Paolo VI, di cui loda i meriti nel campo del latino e di cui cita i titoli di tutti i documenti dallo stesso scritti ed emanati; mette a confronto dapprima la cultura europea e quella latina, quest’ultima vista come fattore d’unità e di civiltà, tanto da fargli supporre un’Europa orfana senza il latino, e poi il Classicismo e il Cristianesimo, discutendo della paolina ‘pienezza dei tempi’, a cui contribuì il mondo classico, con la sua religiosità e con credenze come quella della nascita d’un dio pagano (Bacco) da una donna; compiange la morte del papa Giovanni Paolo II, fautore della lingua latina, e ricorda il primo incontro dei latinisti col papa Benedetto XVI, riportando il discorso rivoltogli; riferisce — a volte con gustosi particolari — le numerose visite ricevute da parte di studenti e docenti di latino provenienti da varie parti del mondo in spasmodica ricerca della culla della latinità; celebra i 50 anni del Certamen Vaticanum, tracciandone la storia anche con note curiose, rivedendone personaggi ed eventi, approfittando per adoperare una serie di vocaboli recenti tradotti in latino e aggiungendo una specie d’appendice informativa sulla direzione, redazione e amministrazione di “Latinitas”.

Dato l’impiego di tre lingue (latino, italiano e francese) il libro può essere letto, sia pure parzialmente, anche da chi conosce soltanto l’italiano. Però a chi conosce il latino esso consente d’ammirare anche la politezza espressiva, oltre che la passione per la vocazione classico-cristiana e la forza di convinzione nell’esporre il tema di fondo: cioè salvare le lingue classiche, con tutto il loro entroterra di civiltà, in un momento storico in cui sembra risvegliarsi il sopito interesse nei loro riguardi, grazie ad alcuni come il Pavanetto stesso che si battono per il loro uso e la loro difesa. In più, se è scontato il piacere che questo libro procura ai cultori del latino, a coloro che invece hanno soltanto reminiscenze scolastiche esso dà l’occasione per rievocare il periodo della scuola, di richiamare alla memoria scrittori latini, regole ed eccezioni, di tornare a sfogliare proficuamente grammatiche e dizionari.

Dal punto di vista grafico-editoriale, il libro è ben impaginato e facilmente leggibile, lineare, chiaro e scorrevole, mentre refusi e sviste sono sporadici (fra questi, a p. 231 il costo risulta di € 25, mentre in copertina esso è di € 21). Infine l’opera è fornita di due utili indici di nomi propri. E non resta che raccomandarla — oltre che ai lettori — a scuole, biblioteche ed altri istituti culturali.

Carmelo Ciccia

Carmelo Ciccia

Nato a Paternò, dopo la laurea in lettere a Catania e un periodo d’assistentato universitario e d’insegnamento liceale in quest’ultima città, si è trasferito nel Veneto, dove è stato docente e preside, per molti anni nel liceo classico di Conegliano (TV), città in cui risiede e in cui svolge varie attività culturali. Ha pubblicato una ventina di libri e una quarantina di opuscoli ed estratti, anche in latino, quasi tutti di saggistica e di critica letteraria, principalmente su Dante, ma anche su altri scrittori. Collabora a numerosi giornali e riviste con articoli e recensioni (oltre un migliaio quelli finora pubblicati) ed ha ottenuto vari riconoscimenti, fra cui alcuni primi premi, premi della cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri, la medaglia d’oro dei benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte, concessa dal Presidente della Repubblica, e la medaglia d’oro della città di Conegliano, concessa dal sindaco. Nel 2005 è stato invitato al Quirinale dal presidente Ciampi.

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