“Il paraninfo” di Capuana al Teatro “Musco” di Catania
I matrimoni combinati in una esilarante rilettura
Prosegue il filone “L’arte della commedia” del Teatro Stabile di Catania con lo spettacolo Il paraninfo, in scena fino al 10 febbraio, al Teatro “Musco” catanese. Per questo fortunata novella di Luigi Capuana, che ha goduto e gode tutt’ora di un intensa vita teatrale, il regista Francesco Randazzo sceglie una veste nuova. In primis l’ambientazione, spostata temporalmente dalla Sicilia post borbonoca a quella del secondo dopoguerra. Per collocare storicamente la messa in scena, la coreografa Silvana Lo Giudice si è avvalsa delle musiche eseguite eccellentemente dal vivo dal maestro Nino Lombardo, il quale ha omaggiato il mitico Quartetto Cetra e ripreso canzoni d’epoca e brani jazz in voga in quel periodo. Dall’intesa fra il Maestro e la coreografa è venuta fuori una piacevole e singolare rilettura registica che non ha però trascurato l’originalità dell’opera. «La mia versione scenica ritorna – dice il regista –, in tempi di crisi, quale piccolo antidoto che, attraverso la comicità, auspica quel senso di positivo umore collettivo che lo spettacolo suggerisce. Il motore della pur esile vicenda è infatti l’ottimismo, la volontà di affrontare il mondo e le sue difficoltà, reali o inventate.»
Il personaggio centrale della commedia e Don Pasquali Minnedda (Angelo Tosto), famoso in paese per l’eccesivo zelo nel combinare matrimoni, non sempre però con buoni risultati. L’ultima ossessione di Don Pasquali sembra essere quella di dover trovare marito a due sorelle: Vennira(Margherita Mignemi) e Rica (Olivia Spigarelli) Matamè, non proprio avvenenti. E forte del detto «cu’ pigghia biddizzi pigghia corna», che sembra valere però solo per gli altri vista la bellezza della signora Rosa Minnedda (Vitalba Andrea), decide di ammogliare il tenente americano Rossitto(Filippo Brazzaventre) e il malaticcio professor Barresi (Camillo Mascolino) con le due sorelle zitellone, lodandone i possedimenti e le ricchezze. Intanto però il giardino di casa Minedda è luogo di dispute coniugali: chi, come Don Ancilu Vajana (Aldo Toscano) si lagna per una moglie eccessivamente rompiscatole come Paula (Alessandra Barbagallo), chi invece come Cutugno (Rosario Minardi) della moglie Cuncittina (Luana Toscano) che dopo anni di matrimonio non gli ha dato una prole. A chiudere il cast di attori: ‘Ntonia (Egle Doria) la cameriera di casa Minneddache è in continuo spasimo d’amore, i due birbanti Calenna (Cosimo Coltraro) e Alessi (Riccardo Maria Tarci), e i due servi di casa Matamè Zù Ninu (Sergio Seminara) e la moglie Carmenia (Alessandra Barbagallo). Lodevole la regia nell’adattamento, sia grazie agli interpreti di livello che ha scelto e ai rimandi al mondo della cinematografia, sia grazie alla verve stilistica capuaniana che emerge nelle gag e negli sketch. Gli attori, ad eccezione di qualche momento sottotono, hanno avuto tempi comici esilaranti, in particolar modo Olivia Spigarelli e Margherita Mignemi, che hanno mostrato grande brillantezza nei momenti all’unisono e non solo, e ovviamente il protagonista Angelo Tosto. Nel rivestire i ruoli dei loro personaggi sono risultati impeccabili, Filippo Brazzaventre (che nel testo originale era l’italianissimo tenente Rossi) con il suo accento americano e l’aria da sciupafemmine, Camillo Mascolino nelle vesti del soporifero professore; convincente anche Aldo Toscano per l’esilarante comicità. Tutti gli attori, nello stile dell’avanspettacolo, hanno ballato e cantato, non fermandosi nemmeno durante la pausa fra primo e secondo atto che li ha portati nel foyer del teatro, coinvolgendo emotivamente ed allegramente il pubblico. L’unica pecca, a mio parere, è stata la linea recitativa che il regista ha scelto per il personaggio di ‘Ntonia. Non tanto per la sua interprete, che ha saputo calarsi nel ruolo egregiamente, quanto per il povero Capuana. Nel testo originale infatti la cameriera di casa Minnedda è sorda, e questo suo handicap innescherà tutta una serie di battute ed equivoci che in questo contesto sono saltati, per non parlare del vezzo, del miagolio, che l’ha caratterizzata. Anche perché se l’intento era di trasformare ‘Ntonia in una cameriera poco attenta alla casa, come nell’originale, e molto invece agli uomini per la sua fisicità e il suo fascino l’avrebbero espresso senza bisogno di evidenziarlo in questo modo. Lo stesso discorso si può rifare per il personaggio di Rosa Minnedda, anche lei spesso troppo ammiccante con i signori che bazzicano la sua casa, quando la didascalia la descrive come affezionatissima al marito. Ma forse la maledizione del nostro autore è questa; abbiamo documentazioni che ci raccontano di liti tra Capuana e Angelo Musco, che era solito cambiare i testi mandando su tutte le furie lo scrittore, anche se il beniamino del pubblico, Musco, ne aveva decretato di fatto il successo. Per quanto riguarda il protagonista, Angelo Tosto con grande maestria interpreta Don Pasquali, un brav’uomo, che ormai in pensione pensa di fare del bene al prossimo trovandogli una compagnia, qualcuno con cui dividere la vita, forte della sua felice esperienza matrimoniale. Esilarante la battuta: «L’haiu a maritari iu tutt’e dui li soru! Mi fanno pietà! Comu si fussiru me’ parenti; e nun cci haiu parratu mancu ‘na vota…». Ma questa sua generosità ad un certo punto della commedia gli si ritorcerà contro. La conclusione a lieto fine dona a ciascuno ciò che cercava.
Laura Cavallaro
già su l’Alba cartacea del primo numero del 2013
Tags: alba, l'alba, l'alba periodico, pino pesce
Ven, Feb 15, 2013
Eventi, Spettacolo