“Le Baccanti” di Euripide al Teatro Antico di Siracusa
Erotismo, dionisiaco delirio e crudele candore nell’allestimento di Antonio Calenda
Il richiamo ad un eros selvaggio e primitivo colora l’allestimento della tragedia di Euripide, firmata da Antonio Calenda, in scena al teatro antico di Siracusa, in occasione del 48° ciclo di rappresentazioni classiche, promosso dall’Istituto Nazionale del Dramma Antico. Un impianto scenico modernista, caratterizzato da una struttura lignea roteante e imponente, che sembra voler replicare i gradini del teatro antico di Siracusa, accoglie il coro di donne seguaci del culto di Bacco. La loro bellezza carnale, selvaggia e vitale si dispiega in movimenti coreografici, diretti da Martha Graham Dance Company, che trasudano erotismo. Nei loro volti impiastrati di bianco si legge il candore della loro crudeltà. Sono loro a fare da cornice alla storia di Dioniso, figlio di Zeus e di Semele, che giunge in forma umana a Tebe, patria della madre, per punire, travolgendone le menti, quanti hanno dubitato della sua natura divina. Rese folli dal dio, le donne tebane e le figlie di Cadmo, che lo avevano misconosciuto, sono ora fuggite sui monti, per celebrare i riti dionisiaci, mentre il dio si è volutamente lasciato catturare dal re Penteo ed incatenare all’interno della sua reggia.
Il delirio dionisiaco si diffonde per tutta la città: anche il padre di Semele, Cadmo, e l’indovino Tiresia celebrano la potenza del dio. Solo Penteo, figlio di Agave, è deciso ad opporsi alla follia ispirata da Dioniso, ma quando le donne si recano sul monte Citerone per celebrarne i misteri, si lascia convincere dal dio a seguirlo sul monte, travestito da donna, per spiarle. A questo punto, la madre di Penteo, Agave, sorella di Semele, e le Baccanti in preda al delirio dionisiaco lo scambiano per un leone e lo fanno a pezzi. Venuto al corrente dell’accaduto, Cadmo ricompone le membra di Penteo e per ultimo trova il suo capo nelle mani della madre: solo adesso Agave riconosce con orrore il figlio in quella che credeva la testa del leone, esibita come un trofeo. Compiuta la vendetta Dioniso appare a Cadmo che piange la morte di Penteo: le sventure accadute derivano dal non aver onorato la potenza del dio. Cadmo soffrirà ancora finché, mutato in drago, sposerà Armonia e troverà pace.
Se la regia di Antonio Calenda è stata elegante e raffinata, un plauso merita Daniela Giovanetti, nel ruolo di Agave, che nel tragico epilogo dell’opera ha interpretato magistralmente il mix di follia e disperazione che connota il suo personaggio. Ottima anche l’interpretazione di Daniele Griggio, nei panni del vecchio Cadmo. Non è stato, invece, alla stessa altezza l’interpretazione di Maurizio Donadoni, che dopo l’ingresso in scena non proprio esaltante nel prologo, in cui ha sfoggiato una recitazione monocorde, ha dato vita, nel finale ad un dio bacco imponente e maestoso. Buona anche l’interpretazione del giovane Massimo Nicolini, nei panni del giovane Penteo. E intensa l’esibizione di Gaia Aprea nel ruolo di una corifea. A sottolineare il pathos della tragedia, l’accompagnamento musicale curato da Germano Mazzocchetti, che con la solennità delle sue note ha sottolineato la dimensione sacra della tragedia.
Le scene sono state realizzate da Rem Koolhaas Oma Amo, mentre la bellezza coloristica dei costumi è merito di Pier Paolo Bisleri.
Laura Timpanaro
Mer, Giu 20, 2012
Cultura, Primo Piano, Spettacolo