La valle dei Sieli di Motta Sant’ Anastasia, tra ruspe e discariche
Mar, Mag 22, 2012
Dinnanzi ad un pauroso paesaggio “tarlato”, presidio d’illegalità
La tendenza dell’ottimista è quella di voler sempre trovare il lato positivo delle cose, credendo nel prossimo e nella sua innata bontà. Ma sono certo che anche il pensiero più ottimistico possa confutarsi quando l’oggetto della discussione diviene la valle dei Sieli, squarcio di natura tra Misterbianco e Motta Sant’Anastasia, letto naturale di una delle discariche più grosse della Sicilia.
La magnificenza, la grandezza e la bellezza dei Sieli non possono far passare inosservato lo scempio che ogni giorno colpisce la natura e la vita, la moralità e l’etica dell’uomo cittadino.
Passeggiando tra i suoi valloni, ci si sente come un antiquario, stupito e impressionato dalla bellezza di un vecchio mobile ma al contempo sgomento per il suo stato di conservazione, dilaniato da tarli che ne minano la stabilità.
I tarli dei Sieli sono molteplici ed hanno le sembianze umane; non vedono, non sentono ma parlano, si muovono tra le istituzioni, complottano e gestiscono centri di potere. I tarli dei Sieli si guardano allo specchio, si sistemano la cravatta e amano le auto sportive. I tarli dei Sieli delinquono sapendo di farlo e sanno bene che altri tarli lavorano per minare irrimediabilmente la stabilità e la robustezza del vecchio mobile, così da non permettere agli antiquari coraggiosi di pianificarne il restauro.
Basta una semplice passeggiata sul luogo per provare, sulla propria pelle, ciò che le metafore non riescono a materializzare; scendendo da uno dei numerosi accessi al parco, via Sant’Antonio, ci si ritrova dinnanzi ad un pauroso paesaggio “tarlato”. Sulla destra, è facilmente avvistabile, per le sue gigantesche dimensioni, un luogo di scarico rifiuti con materiale di risulta, elettrodomestici, sanitari e, soprattutto, eternit. Un fiume di materiale nocivo che straripa dai semplici argini dello “scarico” abusivo sporadico.
La cosa che impressiona maggiormente non è tanto la visione dei rifiuti quanto il silenzio collettivo che aleggia su questo chiaro esempio di tarlatura. Come si può non vedere? Come si può non parlarne? Le risposte ricevute a tali domande posseggono le sembianze di una voce tremante, imbarazzata, omertosa.
Basta percorrere pochi metri per intravedere un altro foro nel mobile; un intero costone argilloso scavato dall’interno, appiattito, sbancato, distrutto. Le tracce di cingolati sul terreno sabbioso del suolo e le striature “a forchetta” nell’ultimo lembo di costone argilloso, spiegano intuitivamente ciò che ha provocato questo irrimediabile danno: la presenza di ruspe in un territorio dove è vietato sbancare. Nuove domande si materializzano nella mia mente: «Come è possibile non accorgersi di tali movimenti di terreno? Come può permettersi tutto questo?».
A rendere più drammatico un quadro già desolante, è la presenza, nell’ultimo lembo naturale, di nidi di gruccione; un uccello variopinto che, con una sfortuna che sembra beffa, deposita le proprie uova tra le striature “a forchetta” delle ruspe. Difficile dimenticare quanto visto, ma la bellezza incantevole della natura pare distrarre qualsiasi uomo da pensieri oscuri.
Una quiete di breve durata, spezzata da rombi di motore, da tarli in abbigliamento da motociclista. Ci ritroviamo ben presto al cospetto di una pista da motocross non autorizzata, dove decine di moto, ogni giorno, solcano il terreno, appiattendo con i copertoni dei propri mezzi i cosiddetti valinghi ‘o ‘nfernu, mitici valloni che videro la fuga di Plutone con Proserpina e che oggi devono accontentarsi d’osservare spericolati motociclisti in azione. Dei rombi e delle sgommate i cittadini Mottesi ne sono a conoscenza, acquisendo però una consapevolezza distorta, un’accettazione che diviene complicità.
Di fronte a questi evidenti fenomeni d’illegalità mi dicono che bisogna essere ottimisti e credere nella natura positiva dell’uomo. Credere nel libero arbitrio che permette di capire e scegliere se nella propria vita si voglia essere antiquari o tarli. Non esistono vie di mezzo, non esistono scelte alternative perché chi non si schiera diviene complice dello scempio tarlato e vittima inconsapevole di chi nella vita ha deciso di vivere all’interno di piccoli fori nel legno della legalità.
Per restaurare il caro vecchio mobile e renderlo fruibile bisogna prima debellare i tarli dalle istituzioni, dai palazzi del potere, dai presidi permanenti d’inciviltà. Serve la capacità di tutti di denunciare e non impaurirsi di fronte alle innumerevoli minacce che si presenteranno nel corso del cammino. Io ho scelto, da tempo, di essere antiquario.
Danilo Festa
Buonasera Danilo. Ho letto il suo punto di vista sulla deplorevole situazione geolocico/ambientale della zona Sieli. Se ne parla ormai da tempo, troppo, e sperare in un recupero di quel territorio credo sia ormai una chimera. Interrompere la catena magari si potrà, interessi economici permettendo, ma ristabilire, rigenerare quanto fatto in questi decenni…ho dei dubbi scettici. Mi concentro però su uno delle sue riflessioni in merito al parallelismo, inadeguato per il mio punto di vista, sullo scempio paesaggistico/acustico dei motociclisti.Sono praticante da 38 anni, sia a livello Regionale che Nazionale. Responsabile del M.C. Misterbiaco oltre che istruttore federale. Le assicuro che lo scempio a cui lei si riferisce è davvero limitato. Gli spazi di cui parliamo dissolvono e digeriscono i rumori (e gli umori ) di decine di giovani che di quello hanno fatto il loro sport, o solo la passione che li coinvolge e che condividono con serena voglia sportiva. Il vissuto quotidiano vuole che i motociclisti siano vissuti come barbari devastatori , ma sapesse quante vecchie mulattiere in disuso, percorsi e sentieri affogati nella vegetazione incolta, questi stessi barnbari hanno ripotrato alla luce, sentieri poi utilizzati anche da escursionisti, ma non parlo nello specifico solo dei Sieli, ma di tante regie trazzere del nostro entroterra e non.E’ pur vero che togliere i ragazzi dalla strada, evitare che quella passione dia sfogo a malsane esibizioni sia un pensiero ed un’obiettivo condiviso, lo dico anche da genitore,e non tutti possono essere calciatori.I sieli non sarebbero “andatI a male” se solo questo si fosse verificato nei decenni. Avevo proposto anni fa un coinvolgimento dei due comuni, in modo da gestire invece quella pista “storica”, che molti campioni ha tenuto a battesimo, formato, e continua a forgiare. Non generalizzi i due concetti,battezzandoli e apostrofandoli alla stessa maniera. Uno è sport, l’altro sono interessi privati, AFFARI. La manutenzione di quella pista è sempre stata autotassazione dei singoli piloti che mettendo le mani in tasca pagano i mezzi per manterere il tracciato in ordine. Lasciamo divertire i ragazzi, educhiamoli ad una sana e coerente visione morale della vita,e non strumentalizziamoli con discorsi di prammatica. Sono disponibile ad un eventuale incontro, se necessario, per affrontare in modo più pragmatico la questione.
Prof. Leonardo Marano