“Le nozze di Figaro” al Teatro Massimo “Bellini” di Catania
Fedeltà al sodalizio Mozart-Da Ponte con estro lirico, ironia ed effervescenza
Al bando la sperimentazione, va in scena la fedeltà allo spirito del sodalizio Mozart-Da Ponte.
Nell’edizione andata in scena al teatro Massimo “Bellini” di Catania, curata dal regista Luca Verdone, l’opera buffa del compositore di Salisburgo prevale la fedeltà all’innovazione, e non si può certo dire che la scelta non sia azzeccata. La prima delle tre collaborazioni che regalarono l’immortalità al librettista italiano, Le nozze di Figaro, a cui seguirono Don Giovanni e Così fan tutte, approda ad un allestimento sostanzialmente fedele ai canoni della tradizione, e capace di far rivivere sulla scena l’estro lirico, l’ironia, l’effervescenza dell’opera tratta dalla celebre commedia di Beaumarchais. La soluzione puramente teatrale a cui ha deciso affidarsi Luca Verdone sembra coerente con lo spirito di una regia classica. Forte la caratterizzazione dei protagonisti, che brillano di luce propria. Dal Conte d’Almaviva a Marcellina, passando per Susanna, il ritratto psicologico dei personaggi appare ben delineato. Tutti gli interpreti hanno esibito una buona interpretazione del ruolo, tuttavia sono doverose alcune precisazioni. Il Conte d’almaviva, libertino per noia e geloso per vanità, a cui ha prestato volto e fisique du role il basso Paul Armin Edelmann ha dato saggio di ottime qualità vocali, di buona apertura timbrica. Ottime capacità vocali e una forte presenza scenica hanno mostrato anche Bartolo (il basso Francesco Palmieri) e Don Basilio (il tenore Michele Mauro). Su tutti spicca l’interpretazione del protagonista: Figaro, il basso (Ugo Guagliardo), che ha interpretato magistralmente il rampante borghese, scaltro ed intraprendente capace di tenere testa al Conte d’Almaviva, ottime le interpretazioni delle cavatine “Se vuol ballare“ e “Non andrai più farfallone amoroso“. Meno virtuose sono sembrate invece, le interpreti femminili. La contessa d’Almaviva (il soprano Stefania Bonfandelli) ha esibito un desiderio nei confronti del conte piuttosto tiepido, e anche la qualità del canto in alcuni momenti è stata modesta. Susanna (il soprano Ekaterina Sadovnikova) ha mostrato una maggiore padronanza della scena, e buone ma non eccezionali capacità vocali. Spiccano, invece, le interpretazioni di Barbarina (il soprano Laura Macrì) e di Marcellina (il soprano Monica Minarelli), che oltre alle ottime capacità vocali hanno interpretato magistralmente i momenti comici della tragedia, mettendo in risalto l’effervescenza dei dialoghi del libretto di Lorenzo Da Ponte. Buona anche l’interpretazione di Cherubino, a cui ha prestato il volto il soprano Nidia Palacios. Ottima la soluzione scenica dell’involucro teatrale che si smonta come una scatola aperta posata sul fondale nero del palcoscenico in ognuno dei quattro atti fino al gran finale di un giardino fiabesco ispirato all’Alhambra di Granada. La musica del compositore di Salisburgo è stata magistralmente suonata dall’orchestra del teatro Massimo Bellini, diretta dal maestro Sergio Alapont, il coro del teatro Massimo Bellini è stato diretto da Tiziana Carlini, le scene e i costumi sono stati curati da Giacomo Andrico e Alberto Spiazzi. Tuttavia l’allestimento gradevole di Luca Verdone si perde in un ritmo in alcuni momenti (in particolare al III e IV atto) troppo lento, tradendo così il carattere giocoso dell’opera.
Laura Timpanaro
Ven, Mag 18, 2012
Spettacolo