Liberalizzazioni. Realtà e suggestioni
La magia della concorrenza, seconda maschera del miracolo!
Liberalizzazione. Se potessi avere un centesimo di euro per ogni pronuncia, orale e scritta, della magica parola, diventerei ricco: raramente a un vocabolo profano si è offerta tanta attenzione, e all’attenzione specifica tanta carica di attese speranze calcoli e sogni ad occhi aperti (e magari chiusi: nel sonno o nella voluttà della speranza). S’è raccolta e chiusa in quella scatola magica la totalità delle buone attese, dei migliori propositi, degli entusiasmi computistici. Il perché di tanta magia fa esplicito outing in un’altra paroletta-speranza: concorrenza. Si dà per scontato l’effetto (magico?) di questa seconda maschera del miracolo; e quindi del risparmio generale per l’economia domestica dei compratori. In riassunto, la prima parola, la madre delle parole figlie, viene sacralizzata: l’uomo generico, elemento strutturale dell’uomo massa, è anche homo religiosus: fa presto a sacralizzare le convenienze. Ma spruzzare acqua benedetta vicaria sull’oggetto di un appetito non garantisce né la bussola dell’appetito (l’orientamento consumistico del consumatore) né la disponibilità mortificata del prodotto mercantile. Per un paio di motivi scarsamente controllabili dal consumatore.
Primo motivo: carenza di garanzie. I venditori possono mettersi d’accordo, invece di farsi concorrenza. Un caso “classico” è quello delle farmacie: nella ridente cittadina di Acireale nessuna farmacia fa sconti sui farmaci. Dicono, i signori farmacisti, che li possono fare soltanto sul materiale tecnico: misuratori di pressione arteriosa, termometri, e simili. Ma se vai a fare confronti la differenza fra una farmacia e l’altra è, o del tutto assente, o irrisoria: con tanti saluti alla santa concorrenza vera. Ci rendiamo conto che quello delle farmacie non è l’esempio più caratterizzante, e non si può negare una serie di possibilità positive. Interessanti, sul tema, gli autorevoli pareri degli esperti di tanta stampa nazionale di vari livelli, e diversa ispirazione politico-sociale, che azzardano dati previsionali da Paese di Cuccagna; salvo, poi, nei più seri, ridimensionare più o meno sensibilmente la cuccagna. Ecco un titolone del Corsera (22 Gennaio 2012, pg.3): I veri conti delle liberalizzazioni. Possibile risparmio di 400 euro per ogni consumatore. Da professioni e commercio i risparmi maggiori. Ma nell’occhiello dello stesso articolo si legge: “Il presidente di Federconsumatori ammonisce: «Queste cifre sono valide se le norme del provvedimento saranno attuate senza cambiamenti». Cosa che non s’è avverata. Tant’è vero che lo stesso giornale lamenta, in un maxi-titolo Quei cinque dietrofront del Governo. Ma ecco alcune cifre dell’ottimismo giornalistico: «La corsa al risparmio, settore per settore. Trasporti: 23 €. Farmacie: 18 €. Professioni: 92 €. Carburanti: 58 €. Commercio: 82 €. Bollette energia: 51 €. A protezione di codeste novità saranno istituite autorità di controllo e garanzia». Per i trasporti si legge: «Prende forma l’Autorità dei trasporti: avrà il compito di definire le regole per le nuove concessioni autostradali e valuterà il possibile scorporo di Rfi da Fs, con la separazione della rete dalla società che offre il servizio».
Per le farmacie si progetta(va) quanto segue: «Le farmacie saranno 50 mila con un unico concorso straordinario: una ogni 3 mila abitanti. Liberalizzati orari e turni di apertura. Il farmacista dovrà indicare al cliente i “farmaci di più basso prezzo”». I martiri delle Professioni dovranno subire tremendi sacrifici, poveracci! Sentite: «Abolizione delle tariffe minime e massime e preventivo obbligatorio. Sei dei diciotto mesi del tirocinio (professioni sanitarie a parte) potranno essere svolti nelle università». Per il settore carburanti si apprende il seguente terremoto: «Stop ai contratti in esclusiva tra gestori anche proprietari degli impianti e compagnie (circa 500 in Italia), possibilità per i distributori di vendere anche altri prodotti, self service senza limiti fuori dai centri abitati». Ai commercianti si propongono orari liberi e profezie ottimistiche: «I nuovi provvedimenti che liberano gli orari di apertura dei negozi potrebbero contribuire alla diminuzione dei prezzi. Liberalizzate le vendite promozionali; saranno ammesse anche fuori dalle date tradizionali». Sul campo energetico ci delizia la seguente prosa: «La prima liberalizzazione è del 1999, ora la quota di mercato dell’ex monopolista Enel è scesa al 30% e diversi operatori hanno fatto il loro ingresso. Introdotte disposizioni per accrescere sicurezza ed efficienza del mercato». Né basta l’eden sopra riferito: la fascetta azzurra della pagina che stiamo esaminando promette altro bene. Anzi, osa annunciare I Beni senz’altro; che sarebbero generosi fino alla soglia di 350 euro: tale «Il risparmio annuale medio di cui potrebbe beneficiare ogni famiglia in seguito alle liberalizzazioni nel settore del commercio dei beni di consumo». Lor signori sono convinti di portare anche Le banche su questo sentiero di altruistica sobrietà: «50 euro. Sarà il minore costo a carico dei correntisti delle banche grazie al conto corrente di base e alla regolamentazione delle commissioni». A dubitare di così rosee previsioni comincia lo stesso Corriere con un lungo articolo del suo collaboratore Lorenzeo Salvia. Il quale nell’incipit del suo intervento scrive: «Ma alla fine con le liberalizzazioni quanto risparmieremo davvero nella vita di tutti i giorni? E’ l’unica voce sulla quale non c’è una previsione ufficiale, non sarebbe nemmeno serio perché mille sono i granelli di sabbia che possono infilarsi tra gli ingranaggi della fase due. Ma nel comunicato del Consiglio dei ministri si parla di “sensibile riduzione dei prezzi” e di “vantaggi evidenti per i consumatori”». Andrà veramente così? A tentare una risposta in questi giorni sono state proprio le associazioni dei consumatori. Alla vigilia dell’approvazione in Consiglio dei ministri era stata l’Adiconsum a parlare di un risparmio di 1.800 euro a famiglia, tagliando la sua ipotesi su una fascia alta, nucleo di quattro persone che vive in una grande città, reddito di 80 mila euro lordi l’anno. Adesso sono altre due associazioni ad armarsi di pazienza e calcolatrice, Adusbef e Federconsumatori. Le loro tabelle sono costruite sulla famiglia media secondo l’Istat: due persone e mezzo, che suona male ma è così, spesa annua di 29 mila euro e spiccioli. E fanno un passo in più perché stimano il risparmio possibile non per la famiglia ma per la singola persona. In queste due giorni il testo del governo è cambiato, le frenate sono state parecchie ma il conto finale non è poi così diverso. Dicono Adusbef e Federconsumatori che la lenzuolata di Monti ci farà risparmiare im media 414 euro l’anno a testa. In realtà se il microfono si sposta dal consumatore ad altre categorie l’entusiasmo evapora subito. E non solo perché si tratta della stessa somma che perderà con l’Imu chi ha una casa di 80 metri in una zona così così di una grande città. Per capire: l’ufficio studi della Cgia di Mestre, che rappresenta gli artigiani e le piccole imprese di quella parte del Nord Est, ha calcolato quanto spendiamo in media ogni anno in tutti i settori attaccati dal “disarmo multilaterale”. Ed è venuto fuori che tra benzina, assicurazioni, bollette, piccoli acquisti e tutto il resto vanno via poco meno di 4.500 euro l’anno. Davvero possibile salvare da quella torta una fettona da 400 euro a testa?
Pasquale Licciardello
Lun, Mar 12, 2012
Cultura&Società