Paternò: «Ma chi abbiamo mandato al governo della città?»
Per le prossime elezioni ci si accerti in tempo sul valore dei candidati!
Cinque anni, cinque!, senza prendere mai la parola al Consiglio comunale di Paternò per un intervento. No, non è uno scherzo. E’ vero! Ed è improbabile che ciò debba esser letto come pacifica condivisione della maggioranza, o come tacito assenso, frutto delle sterili diatribe che hanno afflitto le povere stanze del palazzo di città. Vien da pensare piuttosto ad una sorta di incapacità di ruolo. Domanda: «Ma chi abbiamo mandato al governo della nostra città?» E’ peggio di quanto si pensasse! Altra domanda: «La colpa è dell’eletto o dell’elettore?» Frase di repertorio: «Ogni città ha il governo che si merita», frutto di una ostinata politica clientelare che lascia ancora troppe vittime lungo il suo percorso. Colpa di una superficialità oltraggiosa e cancerogena, da cui non poteva venir fuori se non la proliferazione di cellule letali che si insinuano ed insediano nei tessuti dell’ economia, della cultura, danneggiandone la crescita etc. Cose già dette troppe volte! Ma ciò che non si può assolutamente giustificare, è il non rendersi conto della necessità inderogabile e imprescindibile della domanda fatale che bisogna porsi prima di “cliccare” sulla scheda elettorale e nel chiuso della cabina, (dove nessuno ti vede e dove puoi revocare le tue incaute promesse). Chiedersi quindi: «Da chi mi sto facendo rappresentare? A chi sto affidando il governo della mia vita, della mia casa, della mia città, del mio futuro? Chi sto delegando perché parli e si impegni a mio nome e a mio beneficio? Davvero penso che chi sto eleggendo sia più capace di me? Davvero ritengo di avere coscienziosamente scelto le persona giusta? E se sì, che referenze ha a suo favore? Che requisiti ha per governare lui piuttosto che un altro? Ma insomma, davvero si è pensato che l’amicizia o la parentela siano elementi sufficienti per una delega di tale portata? Ma allora, cosa andiamo cercando?! Ma con che diritto ci si lamenta se non c’è corrispondenza tra aspettative e reali possibilità di riuscita, e da soli ci si da la zappa sui piedi, e non solo quelli propri?!»
Ne deduco che la colpa delle scelte infelici va divisa in parti eque tra elettore ed eletto! Dunque, forse sarebbe il caso di fare qualche buon proposito per le prossime elezioni e ci si accerti per tempo che i candidati in questione, abbiano magari qualche competenza culturale in più; qualche requisito professionalmente utile; che abbiano oltre alla vocazione, al senso del servizio, alla buona volontà, anche lo spessore umano, la cultura e anche la chiarezza di idee. Insomma, per dirla in breve e per usare una definizione attualmente in voga, perché non vagheggiare l’idea di un tavolo “politico e tecnico” allo stesso tempo? In modo che, chi parla, propone, progetta, lotta, si impone, abbia oltre un colore politico, anche i numeri per rappresentare una città che, di numeri, ne conta oltre 50.000 e non sono bruscolini, ma abitanti!
Lun, Feb 13, 2012
Attualità, Informazione