“Le allegre comari di Windsor” al “Verga” di Catania
Leo Gullotta seduttore deriso ed emarginato dall’ ipocrita società di corte
Un’umanità che trova nella derisione reciproca il principale divertimento, che dileggia ed emargina il diverso, che coltiva le poche virtù e gli innumerevoli vizi che gli appartengono, fa da sfondo alla vicenda di Sir John Falstaff, il cavaliere di Windsor, forgiato dalla fantasia del bardo inglese più di quattro secoli fa, protagonista della commedia Le allegri comari di Windsor, in scena al teatro Stabile di Catania, per la regia di Fabio Grossi. Dedito al vino, ai sotterfugi, agli inganni, Falstaff, a cui presta il volto l’attore catanese Leo Gullotta, vive all’avventura ed è deriso ed emarginato dall’ipocrita società di corte. A corto di denaro, decide di sedurre Madonna Page (Rita Abela) e Madonna Ford (Valentina Gristina), comari di Windsor, per poi truffarle. Ma le due comari, con acuta intelligenza femminile, scoperto l’inganno, metteranno insieme le energie per prendersi burla di Falstaff, trascinandolo in una spirale di inciampi e sbeffeggiamenti fino all’epilogo. Sullo sfondo delle disavventure di Falstaff, i protagonisti della corte di Windsor: il pavido e vanitoso Slanders (Fabrizio Amicucci), l’antipatico medico francese Cajus (Alessandro Baldinotti), la governate di lui Mistress Quickly (Mirella Mazzeranghi), i mariti delle comari, il meschino geloso Mastro Ford (Fabio Pasquini) e il bonario benestante Mastro Page (Gerardo Fiorenzano), la giovane Annetta Page (Cristina Capodicasa) e il suo principe azzurro Fenton (Giampiero Mannoni) e il saccente parroco gallese Don Hugh Evans (Paolo Lorimer). Una commedia che si presta a molteplici letture e che tocca ora le corde del comico, ora del grottesco, con incursioni in atmosfere fiabesche per condurci all’immancabile lieto fine romantico. Un ritratto impietoso ma molto colorato di una società che ci somiglia più di quanto possiamo pensare.
Sab, Feb 11, 2012
Cultura, Spettacolo